Televisione digitale ma non per tutti ancora black out in molte regioni

by Editore | 28 Agosto 2012 12:48

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  Immagini a scacchi, voci spezzate, schermi oscurati. Doveva essere la svolta di inizio millennio e invece il passaggio alla tv digitale più che una svolta sembra una lunga strada piena di tornanti, tanti quanti sono stati gli switch-off. Un processo avviato nel 2008 con la Sardegna e concluso il 4 luglio con la Sicilia, che ha privato tanti cittadini della loro tv generalista, unico servizio per la stragrande maggioranza delle famiglie italiane. I black out riguardano soprattutto una decina di regioni, ma i disservizi sono ancora presenti praticamente sull’intero territorio nazionale, grandi città  comprese.
Già  lo scorso anno Repubblica aveva fatto un’indagine sulla situazione: segnale assente, decoder che non funzionavano e interferenze i problemi più comuni. E a dodici mesi di distanza le difficoltà  sono più o meno le stesse. Lo testimoniano le telefonate al numero verde attivato dal Ministero dello Sviluppo Economico (800.022.000) che tra settembre 2011 e agosto 2012 (periodo in cui sono stati effettuati due switchoff per 22 milioni di abitanti) sono arrivate a quota 270mila, di cui 95mila per informazioni generali, 52mila per assistenza tecnica sul decoder, 50mila per problemi di ricezione di rete e 72mila per altre segnalazioni. «Le chiamate sono diminuite nell’ultimo anno, basti pensare che nel 2009 solo per lo switch- off di Roma e provincia (3,5 milioni di utenti) ne abbiamo ricevute oltre 93mila – fanno sapere dal ministero – nell’ultimo anno solo il 25% delle chiamate ha riguardato problemi di sintonizzazione del decoder, prima era il 40%. Spesso quando mandiamo i tecnici Raiway nel caso di segnalazioni sulle reti Rai, esce fuori che è un problema di antenna. Il fatto è che mentre con l’analogico il segnale male o bene arrivava, col digitale o arriva perfettamente o non arriva affatto». Appunto.
L’Agcom conferma: «Le segnalazioni sono in calo, ma i problemi ci sono ancora. L’alto numero di emittenti locali (in Sicilia, Lombardia, Lazio e Campania ce ne sono moltissime, forse troppe) ha complicato il riordino delle frequenze. Per risolvere questi problemi sono stati fatti dei grandi investimenti anche infrastrutturali ma per sfruttare al meglio le potenzialità  del digitale occorrono nuovi impianti e non so quanti operatori siano stati così lungimiranti da farlo». Il passaggio al dtt ha messo in crisi il settore delle tv locali, sia per il taglio di 20 milioni dei finanziamenti previsto dalla spending review nel 2013 e 30 nel 2014, sia perché tra i criteri di assegnazione delle frequenze c’era l’obbligo di garantire almeno sei programmi. Con costi enormi per le piccole realtà  che vedono anche la migrazione pubblicitaria verso Rai e Mediaset. Proprio i network che più facilmente «spariscono » dai teleschermi degli italiani. Così i cittadini chiedono di avere indietro i soldi del canone: «Il fenomeno dei disagi continua – dice Paolo Martinello, presidente di Altroconsumo – ma la cosa più difficile è spiegare ai cittadini che il canone Rai non può essere inteso come diretto corrispettivo del servizio reso con il digitale».

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