Strage, ministro a Bologna senza fischi

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BOLOGNA — L’orologio, lo stesso di allora, fermo sulle 10.25. Il minuto di silenzio religiosamente rispettato. Poi l’applauso, lungo e delicato. Il palco davanti alla stazione è affollatissimo. Ci sono i familiari delle vittime, capitanati dal presidente Paolo Bolognesi. Il sindaco pd Virginio Merola. E poi una presenza che potrebbe essere ingombrante, ma che stavolta invece non lo è. Dopo due anni, torna un esponente del governo nella piazza che fu teatro della strage alla stazione di Bologna (2 agosto 1980, 85 morti, 200 feriti): è Anna Maria Cancellieri, ministro degli Interni, per un anno commissario sotto le Due Torri ai tempi dello scandalo Delbono. Sarà  per i suoi trascorsi bolognesi o forse perché i tempi sono cambiati, ma per la prima volta dopo tanto tempo un esponente del governo non viene trafitto da fischi o contestazioni, anzi. E lei, scendendo dal palco, ci scherza anche sopra: «Applausi? C’è sempre una prima volta…».
«Bologna non dimentica» è la colonna sonora di questa giornata. Una cerimonia sobria, adeguata alle atrocità  di quella mattina. Sono quasi in 10 mila a sfilare lungo via dell’Indipendenza. Il canovaccio degli striscioni è puntato sul segreto di Stato, che da 32 anni fa da tappo ai tanti lati oscuri della strage, a cominciare dai mandanti. La Cancellieri si impegna «a rendere pubblica e trasparente ogni cosa utile alla verità » e annuncia, sulla tuttora irrisolta questione dei risarcimenti ai familiari, la nomina di un commissario straordinario. Arriva invece tramite messaggio la voce del presidente Napolitano: «Il decorrere del tempo — scrive — non lenisce il dolore dei familiari: tenere vivo il ricordo delle vittime innocenti del terrorismo consente di trasmettere il senso della democrazia». Anche il capo dello Stato chiede chiarezza, definendo «di particolare importanza le iniziative per ricostruire ogni aspetto delle inchieste giudiziarie e parlamentari».
Per quella bomba furono condannati in via definitiva all’ergastolo (ora sono in stato di libertà ) gli ex nar Valerio Fioravanti e la moglie Francesca Mambro, che si sono sempre dichiarati innocenti. Alla tesi della matrice fascista, cementata dalla verità  giudiziaria, si contrappone la pista palestinese (un ordigno scoppiato mentre era di passaggio alla stazione di Bologna) con il coinvolgimento di terroristi tedeschi del gruppo di Carlos. Una doppia lettura che anche quest’anno è stata fonte di polemica tra il presidente dei familiari, Paolo Bolognesi, e il deputato finiano Enzo Raisi. Bolognesi, dal palco, ha parlato di «bomba fascista», ha definito Fioravanti e la Mambro «gli ergastolani più agevolati nella storia criminale del nostro Paese», invitando il deputato Raisi (che ha risposto con una querela) «a occuparsi d’altro, anziché tutelare i due stragisti». In linea con lui, il sindaco Merola, che, tra gli applausi, ha tuonato: «Ai terroristi sia chiara una cosa: abbiamo vinto noi, non loro!».


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