Siria, missili terra-aria ai ribelli “Armi Usa entrate dalla Turchia”
L’ULTIMA testimonianza dell’incapacità delle truppe di Bashar al-Assad di piegare la resistenza giunge persino da un megafono del regime. Per una volta d’accordo con fonti dell’opposizione, l’agenzia di stampa ufficiale Sanafa sapere che gli scontri a Damasco tra esercito e «gruppi di terroristi armati» — l’espressione governativa per indicare i ribelli — sono arrivati nei pressi dell’aeroporto internazionale, situato accanto a quello militare. L’assalto allo scalo, strategico, sarebbe stato «respinto». Ma la notizia suggerisce che, nonostante la potenza di fuoco mostrata dal regime finora, la guerra potrebbe subire una svolta negli equilibri in gioco. Tanto più che adesso l’Esercito libero siriano,secondo fonti americane citate da Al Arabiya,è entrato in possesso tramite il confine turco di missili Stinger, 14 in tutto, di produzione Usa: gli stessi sistemi anti-aerei portatili che la Cia fornì ai mujaheddin nel 1986 accelerando la ritirata delle truppe sovietiche dall’Afghanistan. La rivelazione, che non è stata commentata dal Pentagono anche se una fonte sostiene che sia Washington che Ankara siano al corrente della consegna di armi, arriva nel giorno in cui la diplomazia fa un passo in avanti dopo lo stallo delle ultime settimane. L’algerino Lakhdar Brahimi, 78 anni, è stato nominato nuovo inviato dell’Onu in Siria al posto di Kofi Annan, che aveva lasciato l’incarico frustrato dai continui veti di Russia e Cina al Consiglio di Sicurezza. Non che Mosca abbia intanto dimostrato di voler cambiare atteggiamento: ieri ha continuato a fare il suo gioco a favore di Assad chiedendo di posticipare l’incontro previsto del cosiddetto “Gruppo di azione sulla Siria” per discutere di una strategia per la fine delle violenze. Ma con la nomina di Brahimi, che per l’Onu è già stato inviato speciale in Iraq e Afghanistan e che avrebbe subordinato la propria accettazione al conferimento di un mandato più ampio rispetto a quello di Annan, si riapre quantomeno la prospettiva di una soluzione politica alla crisi. Soluzione che anche per il ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, è «ormai improrogabile». A preoccupare non sono solo le notizie di scontri feroci e bombe sui civili, che pure ieri sono giunte da Damasco, Aleppo, Dara’a’, Azzaz: solo qui sono morte 30 persone in un raid secondo un medico. Ora, preoccupano anche gli accenni di uno sconfinamento della crisi: in Libano sono stati rapiti due cittadini turchi, uno dei quali prelevato con 20 siriani da un potente clan sciita, per ottenere la liberazione di un loro compagno sequestrato in Siria da un gruppo anti-Assad. Inoltre, alla catastrofe umanitaria, con i suoi 170mila siriani fuggiti nei paesi limitrofi e i 2,5 milioni nel Paese bisognosi di aiuto, si aggiunge un’esplosione di casi di diarrea. Un dramma nel dramma denunciato dall’Organizzazione mondiale della Sanità , causato dalla contaminazione della rete idrica con le acque reflue, che sta colpendo decine di bambini nei sobborghi rurali di Damasco.
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