by Editore | 8 Agosto 2012 9:07
BERLINO — Non c’è solo la recessione italiana: frena l’intera Europa, investita dalla crisi finanziaria e dalle misure d’austerità adottate in diversi paesi per combatterla. L’eurozona a 15 addirittura va tutta insieme, fatta la media, verso una contrazione del suo prodotto interno lordo (Pil) quest’anno: la recessione nell’area della moneta unica è stimata a un calo del Pil di almeno lo 0,2 per cento — se non meno 0,3 secondo fonti più pessimiste — trascinata dai dati sottozero di Italia e Spagna, ma anche dell’Olanda, un paese ritenuto solido fino a ieri. E soprattutto, il fatto che allarma più di ogni altro è il crollo reso noto ieri degli ordinativi all’industria tedesca: cadono a giugno dell’1,7 per cento rispetto a maggio, cioè due volte peggio delle previsioni. E su base annuale, la loro diminuzione è di un mostruoso 7,8 per cento. Invano dunque il governo federale tedesco, la Bundesbank, i loro alleati per l’ortodossia monetaria e il rigore a ogni costo, dalla Finlandia ai Paesi Bassi, dall’Austria all’Estonia, hanno predicato risparmi e tagli presentandoli come panacea anticrisi: il vento della recessione soffia sempre più forte ovunque o quasi, e ormai, sottolineava ieri sera
Spiegel online, investe anche la locomotiva Germania, la prima potenza economica del continente.
Sono dati che fanno paura, e promettono il peggio per l’anno prossimo. A lungo, troppo a lungo, politici della maggioranza e in minor misura economisti e investitori si sono cullati nell’illusione che l’economia tedesca fosse immune da ogni tipo di contagio della crisi del debito. Ecco la smentita, fotografata ieri da dati e previsioni di Eurostat. Il crollo degli ordinativi per l’industria tedesca colpisce ogni settore, ma soprattutto i comparti più forti nell’export globale, dall’automobile ai macchinari industriali, dall’elettronica alla chimica. E la sua causa principale, ammette l’Ufficio di statistica federale, è proprio la crisi dell’eurozona, con la conseguente caduta verticale dell’import dalla Germania dei paesi più colpiti dalla crisi del debito sovrano e dalle spinte recessive. Nel complesso, notano qui gli economisti, l’economia tedesca nel secondo trimestre ha registrato una crescita di appena lo 0,2 per cento, molto meno del pur magro 0,5 per cento dell’inizio dell’anno. La recessione nell’eurozona e anche in alcuni paesi esterni alla moneta unica dunque sembra ormai inevitabile. Oltre al dato italiano, sono allarmanti i crolli del Pil in
Grecia, del 4,7 per cento, e in Spagna del 2,8. Calo in Belgio, paese altamente indebitato, ma anche l’Olanda ortodossa e pro-Bundesbank affronta un -0,9% annuale. Peggio che ad Amsterdam va in Slovenia, l’ultimo paese dell’eurozona investito dalla crisi del debito sovrano, con un calo annunciato dell’1,4 per cento. Crescono solo la Germania, ma sempre meno, e solo alcuni dei nuovi paesi del Centro-Est, dalla Polonia alla Slovacchia. Grande eccezione, in quella regione, l’Ungheria retta dall’autocrate nazionalconservatore Viktor Orbà n, già in recessione ed esposta a brutali misure antisociali.
SOFFRE IL REGNO UNITO
Negativi anche i dati del Regno Unito: la produzione industriale è scesa del 2,5 per cento su base mensile e del 4,3 per cento su base annuale. E infine ma non ultimo, allarmano le notizie di una fuga d’investimenti e depositi dall’eurozona. I fondi Usa hanno ritirato 17 miliardi di dollari da banche tedesche e 19 dall’Olanda, investendone 9 in Svezia e 5 in Norvegia, paesi che hanno conservato le valute nazionali. Anche alcune delle massime aziende europee, da Shell a Vodafone a Glaxo Smith Kline, delocalizzano i depositi dall’eurozona all’area dollaro o ad altri paesi esterni all’euro. E ciò può solo aggravare ulteriormente la situazione.
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