Samaras: “Dateci un po’ di respiro rispetteremo gli impegni presi devastante un’uscita da Eurolandia”

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PARIGI â€” In una intervista al quotidiano francese Le Monde, Antonis Samaras spiega di voler riabilitare la credibilità  della Grecia. Ma il primo ministro greco, che ha iniziato il su o mandato all’indomani delle elezioni del 17 giugno, chiede «un po’ di respiro » per consentire la ripresa economica e mette in guardia dalle conseguenze di un’uscita del suo Paese dalla zona euro. Quello che ha in mente è di accelerare le privatizzazioni ed è pronto a cedere alcuni isolotti disabitati.
Primo ministro, i dirigenti europei vi hanno lasciato poco margine per rinegoziare il memorandum con gli sforzi che Atene deve garantire in cambio dell’aiuto da parte dell’Europa e del Fondo monetario internazionale. La fiducia nei confronti della classe politica greca è pressoché nulla. Come pensa di invertire questa tendenza?
«Intendo ricostituire la credibilità  del mio Paese, varare il programma definito nell’ambito del memorandum, rispettare i nostri impegni, raggiungere gli obiettivi prefissati e portare la Grecia fuori dalla crisi. È quanto hanno chiesto gli elettori al nostro governo due mesi fa».
Ma per riuscirci occorre dissipare tutte le incertezze e i dubbi sul futuro della Grecia nella zona euro. Come è possibile procedere alle privatizzazioni se ogni giorno c’è qualche autorità  europea che specula pubblicamente su una “potenziale uscita della Grecia dalla zona euro”?. Tutto ciò deve finire.
«Se noi faremo il nostro dovere, la Grecia può salvarsi. E se la Grecia può salvarsi, si sarà  dimostrato che l’Europa è forte e capace di occuparsi con successo dei propri problemi. Da una “success story” greca hanno tutti da guadagnare».
Una parte degli europei è tuttavia tentata di farla finita con il problema della Grecia e vorrebbe che uscisse dalla zona euro. Come evitarlo?
«Una “Grexit”, come si chiama ora sinteticamente una “uscita della Grecia” dalla zona euro, sarebbe devastante per noi e controproducente per l’Europa. Questo si tradurrebbe in un ulteriore abbassamento del nostro livello di vita – già  sceso del 35% – tramite l’azione combinata di svalutazione e inflazione. Nessuna società  sarebbe in grado di superare una situazione del genere. E nessuna democrazia potrebbe sopravvivere. Gli sconvolgimenti sociali che ne nascerebbero potrebbero diventare contagiosi, espandersi in altri Paesi europei. Unitamente all’instabilità  del Vicino e Medio Oriente, questa situazione potrebbe portare a un incubo geopolitico, che andrebbe ben oltre le frontiere elleniche. Aggiungiamo, naturalmente, anche la reazione dei mercati finanziari, che anticiperebbero l’uscita di altri Paesi, innescando un effetto domino. Se noi facessimo di tutto per restare nell’euro, ma fossimo abbandonati dai nostri partner, sarebbe davvero tragico:
ne risentirebbe il senso di solidarietà  che caratterizza la nostra Unione Europea. Opponendomi a questa “Grexit” io non proteggo soltanto il mio Paese, difendo tutta la nostra Unione e i suoi valori».
Che cosa si aspetta dagli incontri con i leader europei?
«La mia tesi è che la Grecia può farcela e che sta cambiando. Stiamo per varare le riforme che ancora non erano entrate in vigore. Stiamo sviluppando un piano di privatizzazione molto aggressivo, più importante di quanto avessimo previsto. Stiamo per portare a termine alcune riduzioni di budget, per un importo pari a 11,7 miliardi negli anni a venire. L’unica cosa sulla quale intendiamo insistere è che la ripresa economica è indispensabile per raggiungere i nostri obiettivi. Non discutiamo le finalità  del programma. Vogliamo solo essere sicuri che le raggiungeremo mantenendo la nostra coesione sociale. Voglio spazzar via l’idea di una Grecia che costituisce
un problema. Io sono qui per risolvere i problemi. Ma abbiamo bisogno di un po’ di respiro: ci serve un po’ d’aria».
La Germania ha già  fatto sapere che concedere più tempo ad Atene significa spendere troppo…
«Noi non stiamo chiedendo altri soldi. Una ripresa rapida potrebbe portarci addirittura ad averne meno bisogno. Se noi riuscissimo a ritrovare in tempi
rapidi la crescita, vorrebbe dire assicurare più gettito fiscale e meno deficit negli anni a venire. La Grecia in due anni ha già  tagliato il proprio budget nella misura del 25% del Pil. I risultati sono inferiori alle aspettative, perché la recessione è stata più grave del previsto. Noi intendiamo correggere questo problema di recessione prima possibile».
Quando lei ha fatto campagna elettorale si è dichiarato favorevole a rinegoziare il memorandum, e oggi si prepara a varare nuove misure di austerità . I suoi elettori non si sentiranno traditi da questo?
«Assolutamente no. Gli elettori sanno che io ho approvato il nuovo piano di “bailout”. Lo sanno tutti che non intendiamo rimettere in discussione il programma mirante a ridurre i deficit, a ricondurre l’indebitamento a un livello tollerabile, e a procedere alle privatizzazioni. Ma la nostra priorità  deve essere accelerare la ripresa economica e uscire dalla recessione».
Da oltre un mese, non siete riusciti a trovare un accordo con il Pasok e la sinistra democratica per realizzare concretamente economie pari a 11,7 miliardi. Questa coalizione è molto fragile. Non crede che rischi di esplodere in caso di tensioni sociali in autunno?
«Abbiamo la prima coalizione multipartitica di governo da 60 anni a questa parte. Abbiamo già  compiuto progressi spettacolari in tema di privatizzazioni o per affrontare la criminalità  e l’immigrazione clandestina. Gli 11,7 miliardi in tagli al budget costituiscono una procedura complessa da negoziare, sia con la “troà¯ka” – ovvero Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale e Unione Europea sia con i partiti della coalizione. Non è facile individuare i tagli necessari pari al 5,5% del Pil in un’economia che sta vivendo il quinto anno consecutivo di recessione e che nel 2012 vivrà  una contrazione del 7% per il secondo anno consecutivo, con un tasso di disoccupazione del 23% e di oltre il 50 tra i giovani. Ci troviamo di fronte a una molteplicità  di grandi problemi tecnici e politici, ma anche – e questo è ciò che più conta – a problemi di ordine sociale. Entro due o tre settimane, tuttavia, definiremo una volta per tutte il programma, che sarà  messo ai voti in Parlamento. Occorre tener conto che il nostro Paese oggi sta veramente soffrendo. Combattiamo su numerosi fronti: contro una devastante recessione, contro un diffuso pessimismo, contro l’estremismo, contro la demagogia populista. E tutto ciò in un contesto geopolitico di crescente instabilità , con migliaia di immigrati clandestini che cercano di varcare le nostre frontiere».
Il vostro ministro per la Protezione civile afferma che il problema dell’immigrazione è più importante della crisi economica?
«Non so se sia più o meno importante rispetto ai nostri problemi economici. Ma sempre più greci ritengono che ciò che li opprime non è solo l’aver perso dal 20 al 30% della pensione, ma anche non potersi recare a comperare il latte nel negozietto all’angolo perché molti quartieri sono diventati pericolosi. Una grande maggioranza di greci ci appoggia perché affrontiamo senza mezze misure anche il problema dell’immigrazione clandestina».


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