Ritardi, poche richieste e problemi tecnici L’odissea della carta d’identità  elettronica

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Tutti — in base ai tre «impegni concreti» prioritari, elencati al Sole 24 Ore dal premier Mario Monti — dovremmo averla «a breve», come tappa imprescindibile dell’agenda digitale. Rimangono però da sciogliere alcune questioni: se debba essere obbligatoria per tutti, o dai 12 anni; e quale possa essere il costo per il cittadino. Per ora si pensa a 12 euro, mentre il decreto sviluppo del 2011 che ha lanciato la nuova carta d’identità  elettronica, prevedeva «il rilascio gratuito del documento unificato». Quando in aprile di quest’anno la commissaria europea all’agenda digitale, l’olandese Neelie Kroes, ha incontrato a Roma Patroni Griffi, ha messo una card di plastica sulla scrivania e ha detto: «Dovete arrivare a questa». Un’unica carta che permette di accedere a tutti i servizi, dall’anagrafe alla sanità , ai servizi bancari. L’attuale «Cie» invece, almeno quella che ora rilasciano i Comuni, serve solo come documento d’identificazione, cui è associato un Pin, ed è praticamente opzionale rispetto alla carta di vecchio tipo. In Italia il matrimonio, o sarebbe meglio dire il difficile rapporto tra innovazione tecnologica e burocrazia è iniziato nel 1997, con la Bassanini-ter, quando per la prima volta fu messo nero su bianco che i cittadini avrebbero potuto beneficiare dei servizi dei Comuni con la carta d’identità  elettronica. Negli anni si è detto che sarebbe stata un contenitore per i dati anagrafici, il codice fiscale, l’indirizzo di residenza, il gruppo sanguigno, le impronte digitali, e si era pensato anche ad unificarla a bancomat e carte di credito. Nel 2000 si prevedeva che in 10 anni ne sarebbero state distribuite 30 milioni. Non solo siamo molto lontani da questi piani, ma la Cie, ancora in forma sperimentale, ce l’hanno solo in pochi. «Ce ne sono — spiegano fonti di governo — non più di 295 mila in 130 città  interessate». Da ottobre 2001 ad oggi a Roma ne sono state rilasciate 24.259, l’unico municipio abilitato a distribuirle è il IX. A Napoli se ne consegnano — dicono al Comune — circa 25 al giorno e nella sola municipalità  di Chiaia. Molte meno che a Milano, dove il Comune riesce a consegnarne un migliaio al mese, ma ne occorrono un paio di attesa per avere il documento. Queste card hanno solo una banda magnetica, uno standard considerato poco affidabile a livello internazionale. Oltre che per gli aspetti tecnici, la distribuzione si è incagliata in un problema di fondo: la Cie deve essere una chiave d’accesso a tutti i servizi digitali o è solo uno strumento di identificazione, più sicura della vecchia carta? Al momento spesso i servizi sono supportati da altre smart card. Con molte differenze sul territorio. In Lombardia la carta sostituisce quella sanitaria e consente l’accesso all’area dei tributi regionali, può anche sostituire la carta degli abbonamenti al trasporto regionale. Molti grandi Comuni poi hanno sviluppato servizi accessibili in base a un’identità  digitale, immateriale. Il sito «Torino Facile» consente di prendere appuntamenti per il testamento biologico, di chiedere autorizzazioni per l’edilizia privata e di calcolare l’Imu. Secondo il presidente dell’Anci, Graziano Delrio, sarebbe più comodo e sicuro associare a ogni cittadino un’identità  elettronica rilasciata e certificata dal Comune, che non richiede alcun lettore di smart card. In ogni caso, aggiunge Delrio, «aspettiamo che il ministro ci convochi a breve». Melania Di Giacomo


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