“Atene non può avere più tempo la Germania dice no ad altri aiuti”

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BERLINO – Concedere più tempo alla Grecia vorrebbe dire alla fine spendere più soldi e dover varare presto un nuovo programma di aiuti. Questa non è la via giusta. Ma d’altra parte dobbiamo anche dare prova di solidarietà , per arginare e combattere il rischio di contagio della crisi da un paese all’altro dell’eurozona. Ecco quanto ci dice il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, in quest’intervista all’indomani dei vertici a Berlino tra la cancelliera Angela Merkel e il presidente francese, Franà§ois Hollande, prima e, poi, con il primo ministro ellenico, Antonis Samaras. 
Quando ha fatto il punto l’ultima volta sullo stato di attuazione delle riforme, dei tagli e del risanamento in Grecia?
«Come ministro, purtroppo, non hai la possibilità  di osservare e verificare sempre tutto sul posto. Ma il mio calendario è troppo serrato, non lo permette. E da lungo tempo non sono stato più in Grecia. Ma abbiamo dalla Grecia i rapporti sia degli specialisti della Trojka (ndr: i negoziatori di Unione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) sia le informazioni forniteci dalle rappresentanze diplomatiche tedesche in Grecia e dalla Commissione europea. Consultiamo e verifichiamo continuamente questi rapporti, teniamo d’occhio gli sviluppi sul posto, e molto spesso parliamo personalmente con esponenti politici greci e con esperti. Quindi il mio ministero e io personalmente siamo molto ben informati sulla situazione laggiù».
Ai greci si dovrebbe dare più tempo per tagli e riforme, come chiedono?
«Parlare di più tempo vuol dire in generale parlare di più soldi – e quindi ciò significherebbe ben presto la necessità  di lanciare un nuovo programma d’aiuti. Questa secondo me non è la via giusta per risolvere il problema fondamentale dell’eurozona. Noi dobbiamo sottoporre ogni scelta da prendere alla prova di un solo interrogativo di fondo. Cioè alla domanda, se con questa o quella scelta contribuiremo a riconquistare la fiducia. Alla fine del 2011, dopo difficili negoziati, abbiamo deciso e lanciato il secondo programma di salvataggio per la Grecia. Tale programma ha una durata di tre anni. Se già  dopo un semestre dicessimo che tale programma negoziato e concordato con Atene e le sue scadenze non bastano più, non adotteremmo certo una misura suscettibile di creare o restaurare la fiducia».
Al di là  dell’emergenza greca, lei come vuole stabilizzare l’euro nell’insieme?
«La gente, i cittadini, ma anche i mercati si pongono molte domande sulla capacità  dell’eurosistema di funzionare, e da questi interrogativi deriva un senso di insicurezza. La pressione cui alcuni singoli paesi sono sottoposti, per incoraggiarli a migliorare la loro competitività , è grande. E quando si è uniti da una moneta comune viene meno la possibilità  di rivalutare o di svalutare una valuta nazionale, nel tentativo di ammortizzare o diminuire questa pressione. Non è tutto: la moneta unica facilita la possibilità  o rischio di contagio nelle crisi tra i paesi che appartengono all’area della moneta unica. E infine, il problema è che il debito sovrano è significativamente aumentato in molti paesi dell’eurozona come conseguenza della crisi scatenata dalla caduta dei subprime negli Usa, ma non solo per questa ragione. E tutto ciò ha danneggiato la fiducia nell’euro».
E come ne usciremo?
«La soluzione deve marciare su più binari: ogni paese deve affrontare i problemi che può risolvere unicamente da solo, cioè il risanamento dei conti pubblici, le necessarie riforme e un rafforzamento del potenziale economico nazionale. Secondo, dobbiamo migliorare le istituzioni europee, in modo da renderci più capaci di prendere decisioni veloci insieme».
Ma come migliorare istituzioni cui molti cittadini tedeschi ed europei guardano con diffidenza?
«Il dubbio di fondo sull’Europa viene dalla mancanza di coincidenza o corrispondenza tra politica finanziaria e politica monetaria. La politica monetaria viene decisa a livello europeo, la politica finanziaria a livello nazionale. Se riusciremo a risolvere questa discrepanza, la fiducia nell’eurozona ritornerà . Finché non ci riusciremo, dovremo dare prova della necessaria solidarietà , per arginare il pericolo di contagio e rendere possibili le riforme. Con il fiscal compact abbiamo però compiuto un passo importante nella direzione giusta».
Ma per cedere più sovranità  nazionale all’Europa, in Germania sarà  necessario modificare il Grundgesetz, la Costituzione. In questo caso lei ha proposto di organizzare un referendum. E scusi, crede davvero che le scelte del governo in favore di più Europa, di più integrazione europea, potranno conquistare la maggioranza dei tedeschi?
«Su questo punto io nutro grande fiducia nei miei concittadini. La maggioranza dei tedeschi è fatta di persone molto ragionevoli. I tedeschi sanno bene quanto siano grandi per il loro, il nostro paese, i vantaggi che dà  l’appartenenza alla Comunità  chiamata Europa. La gente, i cittadini del nostro paese, desiderano un’Europa dell’apertura e della trasparenza, e un’Europa sinonimo di libertà . E sanno anche, quale incredibile, straordinario vantaggio ci abbia portato e sia per noi tedeschi lo spazio economico comune chiamato Europa. Io sono molto fiducioso che un simile referendum, se e quando si terrà , darà  in Germania un responso positivo per l’Europa».
(Copyright Der Tagesspiegel-la Repubblica)


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