Pensionati a Romney, i giovani con Obama Casa Bianca: la sfida si gioca all’anagrafe

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NEW YORK â€” Il 6 novembre la sfida per la Casa Bianca si giocherà  forse su un solo dato. E non è il tasso di disoccupazione. A decidere se il prossimo presidente è il repubblicano Mitt Romney, o se Barack Obama conquista un secondo mandato, sarà  questa semplice statistica: andranno a votare di più i pensionati o gli studenti? Il gap generazionale è la spaccatura più marcata nell’elettorato americano. Mai nel passato c’era stata una divaricazione così netta nelle preferenze politiche a seconda dell’anagrafe. Lo rivelano un sondaggio e un’inchiesta di Usa Today. Nella vasta e crescente popolazione dei pensionati o vicini alla pensione, cioè gli over-65, il vantaggio di Romney è praticamente incolmabile: il 51% degli anziani lo voterà , mentre solo il 43% vorrebbe rieleggere Obama. Lo scarto di 8 punti è ben al di là  di qualsiasi errore statistico, e non è un divario che si possa chiudere facilmente in soli tre mesi, quanti ne restano da qui all’elezione. La netta preferenza per Romney è tanto più significativa, in quanto la destra repubblicana nel suo ardore anti-Welfare ha lanciato un piano di privatizzazione della Social Security (le pensioni pubbliche) che dovrebbe
spaventare gli anziani. Ma tra le preoccupazioni degli over-65 domina il debito pubblico: nel sondaggio si dicono convinti che l’eccesso di spesa statale sia insostenibile e rappresenti una minaccia per le loro pensioni.
Un paesaggio politico radicalmente diverso, addirittura rovesciato, lo offre la Millennial Generation, cioè i giovani dai 18 ai 29 anni. Tra loro la preferenza è perfino più marcata: il 61% a favore di Obama contro un modesto 33% che dichiara di voler votare per Romney. È una spaccatura che attraversa le famiglie di tutta l’America, e gli autori del sondaggio demoscopico ne hanno raccolto ampie prove. Per esempio il caso di Jack Ireton-Hewitt, 74 anni, impegnato come volontario nella campagna elettorale repubblicana a York in Pennsylvania. Gli unici con cui riesce ad avere una conversazione politica, confessa Ireton- Hewitt, sono le sue due nipoti di 21 e 19 anni. «La sola cosa che conta per loro — lamenta l’anziano militante repubblicano — è che Obama ha ridotto il tasso sui prestiti per l’università ». L’esempio è importante, perché rivela quanto i due candidati siano consapevoli delle rispettive “constituency” generazionali. Obama ha dedicato un’energia politica e una quantità  di tempo notevole per riuscire a far passare la sua riforma dei mutui bancari per i giovani, quelli che in America sono indispensabili per pagarsi gli studi: e il presidente sapeva quel che faceva.
La lacerazione generazione dell’elettorato americano coincide anche con una grande spaccatura valoriale, e riflette inoltre il nuovo paesaggio etnico degli Stati Uniti. Il popolo degli anziani ha ingrossato le fila del Tea Party, il vasto movimento anti-Stato che portò alla vittoria i repubblicani nelle elezioni di mid-term (novembre 2010); mentre era molto giovanile il movimento Occupy Wall Street che un anno fa rilanciò il tema delle diseguaglianze. Ieri il leader dei senatori democratici Harry Reid ha incalzato Romney sulle sue dichiarazioni dei redditi accusandolo di non volerle rivelare «perché per dieci anni non ha pagato le tasse». Quando Obama
si è dichiarato favorevole ai matrimoni gay, gli strateghi elettorali del presidente avevano sotto gli occhi questo dato: il 58% dei giovani sono favorevoli alla legalizzazione dei matrimoni omosessuali, contro il 23% degli over-65. In quanto alla composizione etnica: l’America della terza età  è ancora una nazione a larga maggioranza
bianca, mentre sotto i 30 anni la quota degli ispanici e altre minoranze etniche ha raggiunto ormai il 45%. Sotto questo profilo Obama ha dalla sua il futuro. Con un unico pericolo: gli anziani sono tradizionalmente degli elettori disciplinati, mentre tra i giovani dopo l’entusiasmo del 2008 il tasso di assenteismo può tornare a livelli fisiologici, cioè elevati.


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