Napolitano ai minatori: vicino alla vostra lotta
GONNESA (Carbonia-Iglesias) — Martedì mattina, nel buio del presidio a 473 metri sottoterra, Stefano Meletti, 48 anni, 24 dei quali vissuti in miniera (è delegato Rsu e portavoce dei minatori in lotta) dopo avere parlato a nome di tutti faceva una confidenza. «Vede, stiamo diventando nervosi. Ma questa non è una battaglia sindacale normale. C’è in gioco il futuro nostro e delle nostre famiglie. Pensi a cosa farai se non potrai più portare il pane a casa». Ieri mattina, in una conferenza stampa fra le facce dure dei minatori e la tensione dei cronisti convocati a due metri da un deposito con quasi 7 quintali di esplosivo, il portavoce ha provato a parlare come gli altri giorni. «Il nostro progetto di mandare la Co2 nelle viscere della terra non può restare un sogno. Il nostro carbone è buono, va salvato… ». Poi, un grido. «Se qualcuno ha deciso di ammazzare le famiglie dei minatori, ecco, non c’è bisogno. Ci tagliamo noi». Un piccolo coltello già aperto nella mano sinistra, due tagli netti sull’avambraccio destro. Il suo collega Giancarlo Sau gli salta addosso assieme ad altri minatori perché non continui a farsi del male. Altre grida per mandare via le telecamere e chiamare soccorso. Una promessa dei minatori purtroppo è stata mantenuta. «S’ammacchiausu», diventiamo matti, hanno detto nei giorni passati e l’hanno ripetuto ieri, dopo il gesto di Stefano Meletti. La conferenza finisce subito, la strategia di lotta dei lavoratori per ore resta un mistero. C’è da accompagnare il portavoce all’ospedale (otto punti di sutura per ferite profonde), c’è da cercare di spiegare come un uomo mite e sereno, due figli che sono ancora ragazzi, abbia potuto compiere un gesto simile. «Si è caricato addosso – dice Sandro Mereu, anche lui Rsu – anche la tensione e la disperazione degli altri. Lui era sempre in prima fila, era quello che ci aiutava a lottare e soprattutto a ragionare». Arriva il messaggio del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha voluto subito informarsi sulle condizioni del sindacalista. «Vorrei che i minatori del Sulcis – scrive il Presidente – impegnati in una prova durissima, sapessero quanto mi senta profondamente partecipe delle loro condizioni e delle loro ansie… In Sardegna c’è la necessità di un profondo ripensamento delle politiche di sviluppo seguite nel passato e di rilancio su basi più nuove e più solide. Spero che l’incontro di venerdì possa dare le prime risposte che possano trasmettere serenità e fiducia in un momento così difficile». Nella grande miniera tutto sembra fermarsi, dopo la corsa dell’ambulanza all’ospedale. Nelle prime ore della giornata la strategia sembrava chiara: preparare una risposta forte alle dichiarazioni del sottosegretario Claudio De Vincenti a La Repubblica. «La riconversione è insostenibile – aveva detto – dovremmo spendere quasi 200.000 euro all’anno, per 8 anni, per ogni minatore ». «Cifre false e mancanza di rispetto verso noi minatori», dice Giancarlo Sau quando interviene per primo all’incontro stampa. «Vi abbiamo chiamato in un luogo simbolo, la “riservetta” degli esplosivi. Anche il nostro presidio si è spostato qui. Qualcuno ha messo in dubbio che il Premez ci sia davvero. Ecco, questi i numeri dell’ultimo controllo: ce ne sono 690 chili e 250 grammi, assieme a 1221 detonatori». Poi, una minaccia: «Non so quanto ce ne sarà al prossimo controllo. Siamo stanchi, le parole sono finite e anche la pazienza. “Est s’ora de bruvura”, è l’ora degli esplosivi». Nel primo pomeriggio, per cinque volte, risuonano comunque «botti» dietro il pozzo centrale della miniera, con l’esplosione di detonatori. «Così quelli della Digos, lì dietro al cancello, sanno che non scherziamo». Sembra che ci siano due linee, fra i lavoratori. Alcuni vorrebbero davvero questa «bruvura», magari soltanto dimostrativa. La maggioranza – anche se non ci sono dichiarazioni ufficiali – ha compreso invece che portare esplosivi fuori dalla «riservetta» comporterebbe rischi gravissimi, compreso l’intervento immediato delle forze dell’ordine. Lo stesso presidio nel pomeriggio si sposta dalla «riservetta » e torna al solito tavolone accanto al pozzo centrale. «C’è stato un surriscaldamento dell’aria, meglio allontanarsi». Per ore il presidente della Provincia, Salvatore Cherchi, parla con i minatori. «L’esplosivo? Questi lavoratori hanno gli occhi aperti e sanno garantire la sicurezza. Non ci sarà nessun problema. Bisogna stare calmi e ragionare. Ma anche il sottosegretario De Vincenti deve riflettere sulle cose dette». I «botti » finiscono, le notizie che arrivano dall’ospedale sono buone: Stefano Meletti è stato dimesso. L’annuncio che verso sera arriva dalla Rsu è la prova che la linea della ragione ha vinto. «Invitiamo tutti i 23 sindaci della nostra Provincia – dice Sandro Mereu – a partecipare alla nostra occupazione. Vengano al più presto, con le fasce tricolori, che qui è in ballo il destino di tutti». Per la prima volta, davanti ai cancelli, appare un’auto della polizia, con gli uomini in divisa.
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