Mutui, a giudizio Moody’s e S&P Deutsche Bank, embargo violato

by Sergio Segio | 19 Agosto 2012 7:51

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Enormi flussi di danaro che dalle filiali statunitensi di banche internazionali venivano trasferiti in Iran, Sudan e in altri Paesi sottoposti a sanzioni, violando l’embargo: sotto accusa Deutsche Bank e altri colossi bancari dei quali per il momento non si conosce il nome. Il procuratore distrettuale di New York e il dipartimento federale di Giustizia Usa ritengono che il danaro trasferito illegalmente in Iran possa essere stato usato dal regime per finanziare il terrorismo e la costruzione di missili e di armi atomiche. Un portavoce della banca tedesca ha replicato che già  «nel 2007 la banca prese la decisione di non fare più affari con i governi di Siria, Iran, Sudan e Nord Corea e di mettere fine a tutti i rapporti esistenti con questi Paesi entro il limite legalmente possibile». Deutsche Bank non è la prima banca straniera a dover affrontare negli Stati Uniti questo tipo di accuse: ha appena concluso il patteggiamento con le autorità  Usa la britannica Standard Chartered, accusata di aver nascosto 250 miliardi di dollari di transazioni con l’Iran; è stato pattuito il pagamento di una multa da 340 milioni di dollari. Meno di quanto, a giugno, ha accettato di pagare per chiudere il procedimento ING bank: 619 milioni di dollari. Le altre banche che tra il 2009 e il 2010 hanno patteggiato con le autorità  Usa per evitare di finire sotto processo sono Credit Suisse, Lloyds, ABN Amro e Barclays. Inevitabile, invece, il processo per le agenzie Moody’s e Standard & Poor’s, accusate di aver frodato investitori e risparmiatori assegnando nel 2008 rating “gonfiati” a titoli venduti da Morgan Stanley ai quali corrispondevano mutui subprime. Infatti, il giudice distrettuale di New York, Shira Scheindlin, ha respinto la richiesta di archiviazione delle due agenzie di rating e le ha convocate in giudizio. Ad accusarle alcuni investitori istituzionali, tra i quali la Abu Dhabi Commercial Bank (che ha la sede principale negli Emirati Arabi Uniti), che sostengono che Morgan Stanley fece forti pressioni sulle compagnie di rating perché queste assegnassero una buona valutazione al fondo strutturato (Siv) Cheyne, pressioni che ottennero gli effetti voluti. I legali degli investitori si sono detti «soddisfatti che il giudice dopo aver esaminato le prove ha riconosciuto il valore delle nostre accuse contro le agenzie di rating».

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