Monti: «L’Italia non ha bisogno di aiuti»

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MADRID — Le Borse di Madrid e Milano crollano in simultanea, lo spread dei due Paesi schizza di nuovo verso l’alto, eppure Mario Monti e Mariano Rajoy si presentano davanti ai giornalisti soddisfatti per la linea della Bce, dicono di aspettarsi che la Ue «acceleri sulle misure per la crescita» decise a giugno e auspicano che si arrivi «presto a un accordo sulla vigilanza bancaria» unica.
È anche un esercizio di flemma la comunicazione dei due primi ministri. Ogni tanto Monti si distrae per un attimo, consulta le notizie, o le mail, che arrivano sul suo cellulare, ma ogni parola è dosata e improntata a un moderato ottimismo. E se questo stona con le notizie che arrivano dai mercati poco male: per Monti quelli della Bce «sono passi avanti, non vedo alcun passo indietro».
Il premier si sveglia in Finlandia, dove conclude la sua visita davanti agli imprenditori locali, si sposta nel pomeriggio a Madrid per un incontro fra i rispettivi governi, poi un colloquio con il re di Spagna e il rientro a Roma. Nelle sale del palazzo della Moncloa Monti dà  una lettura completamente diversa, sulle parole di Draghi, rispetto a quella che negli stessi istanti i mercati finanziari impongono agli indici delle Borse europee.
I cronisti chiedono sempre la stessa cosa: quando l’Italia e la Spagna chiederanno gli aiuti, quando faranno domanda per l’attivazione dello scudo contro gli eccessi degli spread sui titoli pubblici? È ovvio che le risposte siano improntate alla massima prudenza: se la Bce ha deluso i mercati non è detto che nei prossimi giorni non li sorprenda, lasciano intendere i due premier.
«Non so se il governo chiederà  l’attivazione di questo strumento. Bisognerà  prima esaminare bene le modalità  e se ci occorre o no», dice Monti. «In ogni caso, grazie al cielo, non abbiamo bisogno di aiuti, non si pone proprio il problema di un salvataggio, abbiamo una della finanze pubbliche più solide della zona euro». Semmai si tratterebbe di «un’azione di accompagnamento per la stabilità  finanziaria, che ci riserviamo di valutare…».
Una posizione di apparente sincerità , che prosegue nel rimarcare che le differenze negli spread «sono ormai un problema europeo», e nel commentare l’ipotesi di conseguenze negative, per il suo governo, nel caso in cui decidesse di chiedere formalmente ai Fondi Esfs ed Esm un programma di acquisto di titoli pubblici italiani: «Mi sembrerebbe un po’ paradossale che una proposta formulata dall’Italia, che ha trovato riscontro prima al Consiglio europeo e poi presso le istituzioni finanziarie dell’Ue, debba essere vissuta come qualcosa che porta a dimetterci anziché a rallegrarsi». 
Di politica interna Monti ha parlato anche ad Helsinki, rivolgendosi ai partiti, nella speranza che «riflettano sul gap che si è creato con i cittadini in termini di credibilità : spero che lavorino duramente per migliorarsi e spero che raggiungano rapidamente un accordo su una nuova legge elettorale che rassereni le aspettative straniere sull’Italia». Mentre a Madrid ripete di non credere che ci siano «gli estremi» per un’interruzione della legislatura.
Fanno notizia anche due riflessioni inconsuete. La prima: «Siamo sicuri che le democrazie nazionali siano ancora un esempio? O forse sono parte del malfunzionamento della Ue?». Un dubbio che accompagna un pericolo da girare agli industriali finlandesi, quello di «un governo antieuropeista, antieuro e anti disciplina fiscale», nel caso in cui un Paese si trovi a fare i conti, per troppo tempo, con uno spread troppo alto.


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