by Sergio Segio | 3 Agosto 2012 13:46
MILANO – L’Opera Nomadi Milano critica il “Piano Rom” presentato a inizio luglio dagli assessori Majorino (Politiche sociali) e Granelli (Sicurezza), che dovrebbe essere discusso in giunta a settembre. Nel mirino, in particolare, l’intenzione di voler chiudere, nel giro di tre anni, tutti i “villaggi” gestiti dal comune, a cominciare da quello di via Novara. “Questo è sbagliato, ingiusto e illegittimo perché i villaggi sono luoghi e progetti di comunità deliberati formalmente e senza scadenza temporale dalla metà degli anni ’80 dalle giunte milanesi, secondo i modelli culturali e sociali dei cittadini rom, certo migliorabili ma non per questo cancellabili da un tocco di penna -dice il presidente Maurizio Pagani-. Noi non diciamo no agli sgomberi quando una massa di persone allo sbando invade lo spazio vitale di un privato cittadino, ma chiediamo chiarezza e onestà a chi reiteratamente allontana un problema, creandolo da un’altra parte”. “La ‘questione rom’ non è un tema di destra o di sinistra ma il sintomo di un conflitto e di un’incomprensione che quotidianamente mette a dura prova cittadini, istituzioni, zigani. Chiedersi che cosa non vada e cosa non abbia funzionato nel passato è una condizione essenziale per indicare il come affrontare la strada futura. E in questo senso abbiamo perso un anno di lavoro” prosegue Pagani, riferendosi al primo anno di gestione della giunta Pisapia. Un anno durante il quale “hanno perso di consistenza quei progetti educativi e sociali che dovrebbero essere una condizione stabile di gestione delle realtà presenti, perché in loro assenza gli esiti sarebbero disastrosi -continua Pagani-. Nemmeno i presidi sociali in cui lavoravano Polizia locale, enti gestori e servizi territoriali, voluti all’interno dei campi dalla giunta precedente, sono stati portati avanti. E oggi al loro posto restano dei container abbandonati”. Secondo Pagani, “la partecipazione delle comunità zigane alla vita sociale della città si costruisce giorno dopo giorno contando sui propri mezzi, sugli sforzi di ognuno per il bene comune. Un buon Piano parte da qui -conclude-, non dall’incertezza che lo Stato eroghi i 5 milioni di euro mancanti del precedente ‘Piano Maroni’ al Prefetto, senza nemmeno dirci come siano stati spesi gli altri 9 e se abbiano o meno raggiunto dei buoni risultati”. (ar) © Copyright Redattore Sociale
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