Metropol. L’ultima rivoluzione nell’hotel di Lenin

by Sergio Segio | 31 Agosto 2012 15:50

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MOSCA. Adesso è d’obbligo parlarne con nostalgia come si fa con i simboli di un’epoca. Ma l’hotel Metropol, ceduto ieri dal comune di Mosca al proprietario di una catena alberghiera a cinque stelle, è sempre stato un corpo estraneo alla città . Bello, anzi bellissimo, al centro della piazza Teatralnaya, con vista sul Teatro Bolshoj e le guglie del Cremlino, resta un’isola riservata ai pochi eletti del momento: principi e dignitari di corte ai tempi dello zar, astri nascenti e declinanti della Rivoluzione bolscevica, capi di Stato di tutte le linee politiche, stelle del cinema e dello spettacolo, miliardari di provincia divenuti per vie misteriose gli oligarchi della Nuova Russia. Al moscovita medio, che difficilmente ha avuto occasione di vederne il lusso degli interni, resta comunque la consolazione che il nuovo padrone Aleksandr Kliacin, dopo aver speso 221 milioni di euro, non intende fare modifiche selvagge “alla russa”. Lascerà  intatta dunque la splendida facciata liberty che nobilita il panorama architettonico del centro della capitale. Comprese la striscia di mattonelle azzurre con una frase di Lenin che esalta la dittatura del proletariato. Il “Metropol” resterà  un monumento da vedere dal di fuori, al massimo per scrutare dalle vetrine del piano terra il volto di qualche personalità  ospitata nelle suite da duemila euro a notte. Come ai tempi sovietici quando il bar con stucchi e preziose boiserie era riservato a clienti che pagassero in dollari. Entrarci era di fatto vietato: se pagavi in valuta straniera rischiavi l’arresto, se eri ospite di qualcuno dovevi subire lunghi interrogatori per chiarire chi e perché ti aveva invitato. I controlli erano inevitabili e a portuna, tata di mano. Pochi sanno che al quinto piano del Metropol, in una stanza opportunamente modificata, c’era un ufficio volante del kgb, diretto da un funzionario con un cognome che sembrava inventato, Cestneishij: “onestissimo”. Avendo cura di non passare dal bar né dal ristorante, decine di informatori hanno fatto per anni i loro rapporti al compagno Onestissimo che dalla sua camera di lusso girava il tutto ai ben più tetri uffici della vicina Lubjanka. Ma la storia del Metropol comincia molto prima, alla fine dell’800 quando il bislacco mecenate Savva Mamontov decise di ingrandire e rendere speciale un vecchio albergo famoso per le sue saune. La cosa non gli portò fortuna anzi gli attirò invidie e delazioni. Fu arrestato, ridotto al fallimento, costretto a cedere la sua creatura ancora prima che venisse inaugurata nel 1905. Il Metropol era una meraviglia: 400 stanze sontuosamente arredate e rigorosamente personalizzate. Tutte dotate di ghiacciaie, telefoni che ogni tanto funzionavano pure, e addirittura acqua calda corrente. Per questo fece una grande impressione, nel ‘17, nei primi giorni della rivoluzione, vederlo trasformare in fortino dei cadetti dello zar decisi a resistere all’assalto comunista Appostati dall’altro lato della strada, dietro al teatro Bolshoj, i rivoluzionari combatterono sei giorni prima di decidere di prendere il Metropol a cannonate e farla finita. E l’albergo diventò un quartier generale. Lenin ci insediò la sede del Vtsik, il governo bolscevico, e usò il ristorante come sala delle riunioni dove Trockij e Stalin scoprirono presto le loro diversità  politiche e di ambizione personale. Per la gente diventò “la seconda casa dei Soviet”. Solo negli anni Trenta si decise di restituirgli lo status di albergo per ospiti di riguardo. L’elenco è impressionante: George Bernard Shaw, Bertolt Brecht, Mao Zedong, John Steinbeck, Marlene Dietrich, Sergej Prokovev, Marcello Mastroiani, Catherine Deneuve. Le testimonianze dei loro soggiorni seguono le proprie simpatie politiche. Qualche entusiasta si ferma al fascino zarista degli arredi. Altri parlano di docce malfunzionanti, divani sbilenchi, servizio irritante. Tutti concordano solo sul diffuso odore di zuppa di cavolo che adesso resiste solo in certi uffici pubblici.. Poi la perestrojka di Gorbaciov, il restauro vero e conservativo. Nuovi ospiti di altro genere: Sharon Stone, Michael Jackson, Giorgio Armani, Barack Obama. Fino all’asta di ieri che ha privatizzato anche l’ultima icona della Russia che non c’è più

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