Mar Cinese Meridionale, si alza la tensione

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Il Pacifico è la nuova scacchierasu cui si gioca la geopolitica mondiale. Per ora è la zona orientale dell’oceano – quella che va dalle Isole Curili fino all’arcipelago indonesiano – ad essere al centro di dispute e di scaramucce diplomatiche e militari tra i paesi dell’area, con la Cina determinata a rivendicare non solo la sovranità  su isole e scogli contesi ma pure una sorta di “protettorato” sull’intero tratto di mare di fronte alla propria costa. Mentre da qualche tempo la tensione con Taiwan si è raffreddata, non si contano più le provocazioni e i dispetti tra Cina e Giappone, ma soprattutto l’inaugurazione da parte cinese della nuova struttura amministrativa delle isole Paracelso sancita nelle settimane scorse con una solenne cerimonia (e di un contingente militare).

Come sottolinea Greenreport del 31 luglio: “è un ulteriore passo dal quale sarà  impossibile tornare indietro: il 23 luglio ha dato veste istituzionale e amministrativa alla sua rivendicazione delle isole con una conferenza nella nuova città  di Sansha che ha costruito nel Mar Cinese Meridionale.

L’agenzia ufficiale Xinhua annunciava che «45 deputati dell’assemblea popolare municipale hanno partecipato alla prima sessione del primo congresso popolare tenuto sull’isola Yongxing, sede del governo di Sansha. I deputati, ripartiti in gruppi rappresentano le isole Xisha, Nansha e Zhongsha, sono stati eletti sabato (il 21 luglio, ndr) da 1.100 residenti locali.

Si tratta probabilmente della municipalità  meno popolata della Cina e più estesa del mondo. A giugno il Consiglio degli affari di Stato (il governo centrale cinese) aveva approvato l’istituzione di Sansha, definendola una «Città  di rango prefettizio», appartenente alla provincia meridionale di Hainan, «Per amministrare le isole Xisha, Zhongsha e Nansha e le acque adiacenti del Mar Cinese Meridionale»“.

Almeno militarmente la Cina non vuole alzare la tensione: nei giorni scorsi “il portavoce del ministero degli esteri della Cina, Geng Yansheng , ha detto in una conferenza stampa convocata a Pechino che «La Cina esercita una sovranità  indiscutibile sulle isole del Mar Cinese Meridionale e le acque adiacenti e si oppone ad ogni intervento militare in questa zona». Tanto per far capire come funzionano le cose, Geng ha scandito che «Secondo i regolamenti al riguardo, un sistema di pattuglie regolare di preparazione al combattimento è stato stabilito nelle acque rilevanti dalla giurisdizione della Cina. Questo sistema è stato stabilito per preservare la sovranità  territoriale del Paese e salvaguardare i suoi diritti marittimi e non riguarda nessun Paese od obiettivo specifico».

Insomma, Pechino in questi isolotti polverizzati in un’area immensa non vuole cannoniere straniere tra i piedi, ma invia le sue per «mantenere la pace» dopo le scaramucce con il Vietnam e l’occupazione di un paio di isolotti da parte delle Filippine”.

La questione riguarda rotte e risorse energetiche. Riporta il sito lettera 43: “Il controllo del tratto di mare è di importanza cruciale. Per i fondali ricchi di materie prime ovviamente (8 mila milioni di metri cubi di gas naturale e 100 miliardi di barili di petrolio da sfruttare). Ma soprattutto perché è un passaggio obbligato delle rotte commerciali che dall’estremo Oriente, attraverso l’Oceano Indiano, portano sia verso il canale di Suez, e quindi al Mediterraneo e all’Italia, sia verso i Paesi produttori di petrolio del Golfo Persico.

Per dare supporto logistico alle navi che battono bandiera cinese, Pechino ha acquisito il controllo di una striscia di porti che da Hong Kong arrivano nello Yemen passando per 10 nazioni diverse, dalla Malesia alla Somalia. L’hanno battezzata String of pearls, una striscia di porti preziosi come perle”.

Gli americani non hanno potuto far altro che alzare la voce criticando aspramente la mossa unilaterale cinese e minacciando imprecisate manovre militari. In realtà  gli Stati Uniti non sanno bene come comportarsi, anche in seguito al fallimentare esito dell’ultimovertice dell’Asean che, per la prima volta dopo 47 anni, non è riuscito neppure ad approvare una dichiarazione di intenti comune.

La Cina invece ribatte colpo su colpo. Come ha riportato l’Ansa del 4 agosto: “Le critiche e le preoccupazioni americane circa l’aumento di tensioni nel Mar Cinese Meridionale dopo che la Cina ha potenziato la città  di Sansha, sono «senza fondamento e irresponsabili». Lo scrive in un editoriale l’agenzia Nuova Cina.

Secondo lo scritto, la formalizzazione della creazione della città  di Sansha sulle isole contese nel mar cinese meridionale, rappresentano un «normale aggiustamento della struttura amministrativa e militare della Cina e rientra nella totale sovranità  di Pechino».

La mossa cinese non significa che il paese abbandona la sua tradizionale politica nell’area, dal momento che Pechino, «resta impegnato nel cercare una propria soluzione alle sue dispute con gli altri paesi attraverso le negoziazioni bilaterali e le consultazioni». La Cina ribadisce il desiderio di vedere il Mar Cinese meridionale con un ‘mare di pace, amicizia e cooperazione’.

La mossa americana, secondo i cinesi, fomenta le provocazioni degli altri paesi e l’antagonismo. «È tempo per Washington – scrive l’editoriale – di provare le accuse con occhio chiaro. La Cina vede con favore un ruolo costruttivo degli Usa nella regione Asia-pacifico. Ma sulla questione del mar cinese meridionale, la Cina e i suoi vicini interessati nelle dispute hanno l’abilità  e il desiderio di risolverle da sole».

Una posizione ribadita dal governo, come riportato dall’edizione inglese del Quotidiano del popolo il 5 agosto: “Il viceministro degli esteri cinese Fu Ying ha detto domenica che la Cina ha tentato con convinzione di risolvere la questione del Mar Cinese meridionale attraverso negoziati amichevoli tra nazioni sovrane interessate direttamente sulla base di fatti storici e della legge internazionale universalmente riconosciuta. … Non è un problema tra l’Asean e la Cina, quanto piuttosto tra la Cina e alcuni significativi membri dell’Asean”.

Il contesto non lascia presagire miglioramenti della situazione, che comunque con tutta probabilità  non sfocerà  per ora in uno scontro aperto. Ma se c’è una zona del mondo in cui Cina e USA possono confrontarsi anche militarmente è questa.

 


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