L’uragano Isaac minaccia New Orleans

Loading

TAMPA â€” 2012, fuga da New Orleans. Altro che convention. Le cinquantamila persone che hanno cominciato a lasciare St. Charles, alle porte della città  di Katrina, fanno impallidire l’allarme tornado che guasta i sogni di Casa Bianca di Mitt Romney qui a Tampa. Adesso è emergenza vera: perché la maledizione di Isaac già  stasera o domani mattina potrebbe abbattersi davvero sulla capitale del Golfo a sette anni esatti, 29 agosto 2005, dalla tragedia che mise in ginocchio l’America e spezzò le gambe al già  barcollante gradimento di George W. Bush. Il sindaco Mitch Landrieu è categorico: «Se potete abbandonare la città , adesso è l’ora di farlo». Il capo del Fema, la protezione civile di qui, Craig Fugate, alza il tiro: «Questo non è l’uragano di New Orleans. Questo è un uragano che riguarda tutta la costa del Golfo». Ma è dal National Hurricane Center che arriva l’allarme che nessuno vorrebbe sentire: «Vite umane a rischio».
Sì, l’ordine di evacuazione a New Orleans è la prova che quella che fino a ieri restava tecnicamente una tempesta tropicale — ma già  così violenta da aver lasciato dietro di sé una striscia di una trentina di vittime nei Caraibi — toccherà  terra in Lousiana come un uragano categoria (almeno) 2. Onde oltre due metri e mezzo, più di 100 chilometri all’ora. Sette anni fa Katrina si presentò come categoria 3 prima di convertirsi in quell’ultima “forza” 5 che la scala Saffir-Simpson definisce con una parola sola: «Catastrofica ». Il terrore vero non è il vento: sono le inondazioni. Le lagune della Louisiana e di tutta la costa che si estende lungo l’Alabama e il Mississippi possono trasformarsi in un’enorme, tragica trappola: è quel devastante
“effetto spugna” a terrorizzare gli abitanti che incominciano a fare incetta di provviste, a intasare le stazioni di servizio dove si fanno code di ore. I voli verso New Orleans sono cancellati: sembra davvero riproporsi un film tragico e già  visto, nel Golfo viene ovviamente sospesa l’estrazione del petrolio, bloccata per l’80 per cento la produzione
che costituisce un quarto
dell’intero mercato nazionale.
Il peggio sarà  passato qui a Tampa quando stasera – dopo la simbolica apertura di ieri e l’immediato rinvio dei lavori – il congresso repubblicano vedrà  sfilare i primi big, dal governatore del New Jersey Chris Christie (incaricato di stilare la keynote, una sorte di discorso programmatico)
alla moglie di Romney, Ann. Ma i grandi network tv hanno già  assottigliato la copertura della convention per spedire i volti più noti in tutta fretta a New Orleans. Isaac ha già  cancellato l’arrivo a Tampa del miliardario Donald Trump – malgrado l’assicurazione del partito, che l’aveva definito «più forte di qualsiasi uragano» – e dei
governatori degli stati più a rischio, in testa ovviamente l’altra stella nascente repubblicana, Bobby Jindal, il re della Lousiana. Oltre 70, 80mila persone, sono rimaste senza luce in Florida. E il governatore Rick Scott s’è fatto vedere in tv con la divisa della protezione civile: i repubblicani non possono permettersi un’altra Katrina nei giorni della convention.
Ma questo Isaac che ne se segue il cammino puntando ancora una volta dritto su New Orleans rischia – 7 anni dopo – di rivelarsi, stavolta, una trappola proprio per Barack Obama. A New Orleans hanno rifatto le dighe e tutti giurano di essere pronti ad affrontare l’emergenza. Ma se qualcosa va storto è sempre Washington a finire sotto accusa. Il presidente è stato svelto a decretare lo stato di emergenza. Dopo Katrina, glli ultimi uragani che provocarono devastazione nel Golfo furono Dolly, Ike e Gustav. Era il 2008, l’anno che poi vide trionfare Barack, l’anno dopo il quale nulla doveva essere più come prima.


Related Articles

Stati uniti. La rivolta si estende e diventa uno scontro di classe

Loading

Da Minneapolis il movimento si allarga a decine di città. Due morti, un 19enne un agente. Vetrine in frantumi, incendi. La polizia picchia e arresta, gli autobus si rifiutano di portare i fermati in prigione

Il dovere di fare di più

Loading

Mario Draghi non meritava un cammino tanto accidentato per conquistare, come i leader della Ue hanno confermato ieri, la poltronissima di governatore della Banca centrale europea. Prima la sua italianità  aveva fatto storcere qualche bocca, benché tutti gli riconoscessero capacità  e merito. Poi era giunto l’incontro-scambio tra Berlusconi e Sarkozy, nel corso del quale alla Francia era stato promesso il posto occupato nel board della Bce da Lorenzo Bini Smaghi.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment