Lo spread del cibo

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Qui sul lago di Bolsena, dove mi trovo, non piove da un paio di mesi e quando vado a fare il bagno c’è gente che indica sconsolata quanto basso sia il livello dell’acqua. Un amico, che lavora per l’acquedotto, racconta che perfino in una zona che pare una spugna, tanta acqua c’è, ci sono difficoltà  di approvvigionamento: «E’ che c’è molta gente è scappata dalla città  e adesso deve annaffiare il suo prato e riempire la sua piscina». Meno male che, secondo le previsioni, sabato prossimo pioverà . Quindi è tutto a posto.
Ma ne siamo certi? Negli Stati uniti questa estate vi è stata la peggiore siccità  da più di mezzo secolo, che ha provocato un brusco aumento dei prezzi alimentari nel mercato mondiale. Quattro o cinque anni fa, un fenomeno simile provocò rivolte per il cibo in una trentina di paesi. Così che la Fao ha ufficialmente chiesto che la si smetta di usare i cereali per produrre etanolo da mescolare alla benzina: negli Usa, il 40 per cento del mais viene usato così. La Fao avrebbe dovuto aggiungere altro: che concentrare la produzione di cibo di base in due o tre posti nel mondo significa creare una enorme dipendenza di tutti gli altri. O che bisognerebbe smetterla con l’allevamento intensivo per produrre carne (consumando enormi quantità  d’acqua). O, ancora, quel che spiega, sul sito (www.outraspalavras.net) del mio amico Antonio Martins, brasiliano e uno dei fondatori del Forum sociale mondiale, una ricercatrice londinese, Amy Horton. La quale cita tale Peter Sorrentino, amministratore statunitense di hedge funds: grazie alla siccità  «si è aperto il rubinetto dei soldi». 
In giugno, racconta Horton citando la Barklays Bank, «i mercati dei derivati agricoli sono stati inondati da 89 miliardi di dollari di denaro speculativo»: forse spinti da Monti a cambiare bersaglio. Questo significa, dice sempre l’articolo citando questa volta una ricerca del New England complex systems institute, che nei mercati mondiali degli alimenti si creerà  una bolla speculativa che provocherà  «un inevitabile picco dei prezzi nel 2013»: fenomeno che la siccità  sta accelerando. La speculazione gioca sul fatto che il sistema agricolo »dipende sempre di più dalle negoziazioni volatili di un pugno di cereali-chiave».
«I movimenti per la sicurezza alimentare – conclude Horton – rivendicano diversità  di coltivazioni più resistenti ai mutamenti climatici e controllate localmente». Infatti, il 19 settembre arriverà  a Bruxelles, per esigere un cambiamnento delle politiche agricole europee, la «Good food march», promossa da Slow Food, Via Campesina, e altri: agricoltori, cittadini, giovani, ci arriveranno in bici, con i trattori, ecc. Si parte il prossimo 25 agosto da Monaco di Baviera, dove si svolgerà  Teller Statt Tonne («Piatto, non rifiuto»): si cucineranno cose buone con la verdura scartata dai supermercati. In Europa si getta via la metà  del cibo.


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