L’islamista Magarief eletto presidente della Costituente

by Editore | 11 Agosto 2012 14:51

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La vittoria è giunta inattesa. Sono stati decisivi i voti del leader dal partito «Union for homeland», Abdulrahman Sewehli, che si è ritirato all’ultimo. Dopo il primo giro di votazioni era in testa il candidato Ali Zidan. Il secondo giro di votazioni ha consacrato Magarief a cui sono andati 113 voti, mentre Ali Zidan si è fermato a 85.
Il presidente dell’Assemblea, il cosiddetto «Speaker», sarà  di fatto il nuovo capo di stato libico, ciò nonostante l’estensione dei suoi poteri resti ancora indefinita non essendo stata redatta al momento alcuna carta costituzionale in grado di determinarli. Nei prossimi giorni l’Assemblea procederà  alla nomina di due vicepresidenti, quindi si cominceranno le operazioni di scrittura della costituzione.
Un significativo siparietto ha intanto accompagnato la cerimonia del passaggio dei poteri dal Consiglio nazionale transitorio (Cnt), alla neoeletta Assemblea. La giovane Sarah Elmesallati che presentava la cerimonia era in procinto di annunciare l’inno nazionale quando un membro dell’Assemblea si è alzato in piedi urlando: «Copriti il capo!». La ragazza ha ignorato il rimprovero e il deputato ha lasciato l’aula in segno di protesta. Si tratta di Salah Baadi, candidato indipendentista proveniente da Misurata nonché noto esponente islamista. 
Un assistente dell’ex presidente Jalil, a quel punto, si è avvicinato alla ragazza chiedendole di non continuare. Sarah Elmesallati ha insistito dicendo di voler andare avanti, ma non appena raggiunta di nuovo la postazione Jalil in persona – come lei stessa riferisce – le ha fatto segno di «abbandonare» il palco. Elmesallati si è detta «scioccata»; non si sente tuttavia di condannare l’ex presidente Jalil: «Ha fatto molto per questo Paese, ho il dovere di perdonarlo» ha dichiarato la ragazza. L’islamista Baadi – intervistato dal quotidiano Libya Herald – ha invece così motivato la sua esternazione: «Per strada può fare quello che vuole, ma in parlamento dovrebbe rispettate la nostra religione, soprattutto durante il Ramadan».
I disordini che nei giorni scorsi hanno interessato la penisola del Sinai, dove 16 agenti delle forze di sicurezza egiziane sono rimasti uccisi a seguito di attacchi portati a termine da alcuni islamisti radicali, sarebbero stati alimentati da armi provenienti dalla Libia.
Un ex detenuto per il traffico illegale di armi dall’Egitto a Gaza, Ibrahim Al-Monaei, parlando alla televisione satellitare Al-Arabiyah, ha riferito come tutte le armi che oggi entrano nel Sinai egiziano provengano dalla Libia. «Si tratta di armi nuove, usate in guerra e non in scontri abituali» spiega Saied Ateeq, un attivista della regione, avvalorando la pista libica circa la loro provenienza. Dopo la caduta di Gheddafi, un gran quantitativo di armi si è diffuso a raggiera nei Paesi limitrofi. A sud ovest le armi libiche sono riuscite a penetrare sin nel cuore del Mali alimentando, a partire dal marzo scorso, prima la rivolta dei Tuareg poi l’affermazione delle frange integraliste tuareg per un conflitto ancora in corso nel nord del Paese. Si tratta di armi che durante i mesi della guerra civile erano confluite in Libia a fiumi provenendo dai Paesi arabi del Golfo e da alcuni Paesi occidentali, Francia in testa, che hanno sostenuto l’intervento militare. Parte di queste armi stanno ora convogliando in Siria, dove è stata accertata la presenza di decine di combattenti libici al fianco dei ribelli anti Assad.
In conclusione, i sette lavoratori iraniani rapiti dieci giorni fa a Bengasi continuano a risultare «detenuti» e non si sa ancora nulla circa il loro rilascio. Lo ha riferito Abdulhamid Elmadani, Segretario generale della Mezzaluna rossa libica (l’equivalente della nostra Croce rossa). I rapitori, nei giorni successivi al sequestro, avevano fatto sapere che si tratta di sette estremisti e il loro rapimento è dovuto a degli interrogatori necessari per accertare che la loro permanenza in Libia non fosse motivata dall’intento di diffondere la dottrina sciita nel Paese che, lo ricordiamo, è interamente sunnita.

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