L’irruzione di Ying Tianqi nella zona rossa della contemporaneità 

by Editore | 29 Agosto 2012 14:39

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Architettura, nella configurazione culturale politica cinese, non indica solo la progettazione degli edifici, ma è il tavolo su cui si gioca la roulette dei diritti, dei profitti, della cultura, della prospettiva di pensiero e degli spazi. 
Le demolizioni rese necessarie dall’edificazione di innumerevoli grattacieli enormi hanno inevitabilmente amputato il territorio cinese, ma, soprattutto, i danni arrecati dalla frantumazione degli ambienti urbani, della geomorfologia, e degli stili di vita, l’hanno reso un’enorme rovina culturale.
Città  che un tempo ci erano famigliari d’un tratto diventano sconosciute; dei nostri vecchi cortili non si sa che sarà , solamente di alcune memorie della storia e ricordi personali non restano che frammenti vaganti, che si fanno sempre più confusi nei canti nei letterati, nelle lamentele dei cittadini, e nelle opere degli artisti.
Di fronte a questa terra desolata di rovine, e di cultura, come pittore e artista, Ying Tianqi ha stabilito, da sempre, un legame intimo con l’architettura. Le sue opere riflettono fedelmente e profondamente i dilemmi che si pongono di fronte alla cultura cinese contemporanea.
Sia nella serie di xilografie «Xidi Village», sia nei dipinti «Tracce dei secoli e spazi del futuro», così come nel progetto di riqualificazione della città  vecchia di Wuhu, o nelle riprese della vita quotidiana della gente comune, o come nelle performance artistiche, egli ci pone degli interrogativi: Quali luoghi stiamo abitando? Dove sono i nostri ricordi, le nostre aspirazioni, le nostre speranze? 
Nelle opere che vengono presentate quest’anno alla Biennale Architettura di Venezia 2012 l’artista fornisce la propria visione, ispirandosi a queste domande. 
Seguendo gli spazi messi a disposizione dalla galleria, Ying Tianqi ha disposto numerose installazioni, postazioni di video-art, quadri ad olio e a tecnica mista, realizzando geometrie modulari che richiamano alla mente la dislocazione urbanistica classica delle città  cinesi; in altri casi ci propone degli ingrandimenti esagerati, come a voler rinvigorire i ricordi sbiaditi della cultura storica, o come a voler creare una sensazione di alienazione che stimoli nell’osservatore delle rivelazioni sulle realtà  socio-culturali in cui viviamo.
I suoi video non solo tengono testimonianza del processo creativo, infrangendo il silenzio del prodotto artistico, ma inducono anche lo spettatore, attraverso la narrazione silenziosa della documentazione visiva, ad interrogarsi non più solo su «che cosa è l’arte?», ma su «che cosa fa l’arte?»; spettatori di altri luoghi, di altri paesi vengono messi in condizione di percepire il valore esistenziale e culturale della vita quotidiana della gente comune e di riflettere sul processo di modernizzazione della Cina attraverso la comparazione tra il presente e la storia.
I dipinti dell’autore, come tutte le altre sue opere, sono pervasi da un senso di afflizione, di cordoglio e di rimpianto. La Cina non può esitare a percorrere la via della modernità , non può esimersene, ma in questo processo, la questione della «conservazione del sé nella negazione» – in senso hegeliano – coinvolge tutte le persone e la cultura cinese nel suo insieme, assurgendo a problema-chiave. È la consapevolezza di questo problema che trasporta l’artista nella Zona Rossa della contemporaneità  e si fa fondamento della sua relazione di scambio con l’altro. 
La personale «Tracce dei secoli» del pittore Ying Tianqi si svolge a Palazzo Bembo, sul Canal Grande, a pochi passi dal Ponte di Rialto. Si inserisce all’interno della mostra «Spazi Futuri», uno degli Eventi Collaterali della 13. Biennale Architettura di Venezia, che raccoglie 51 architetti provenienti da 26 paesi diversi. Queste opere non solo varcano il confine tra arte e architettura, ma mettono in comunicazione il passato e il futuro, costruiscono un canale tra la Cina e il mondo. 
Un artista non può risolvere i problemi che la società , la storia e la cultura stanno affrontando, ma può, attraverso le proprie esperienze, attraverso il proprio vissuto e il proprio sentire, mettere in luce ciò che sta dietro ai rapporti di potere, il problema dell’occultamento graduale e quotidiano della verità , e dei problemi reali; ciò che egli deve fare è raccogliere la propria creatività  e il proprio senso di responsabilità  nei confronti della storia, coniugare il percorso artistico con le diverse configurazioni sociali. 
L’Italia e la Cina hanno una storia molto lunga. La storia è una risorsa, ed è anche un fardello. Di fronte al dolore della frattura e della perdita della cultura storica, non si può che avere una complessità  di emozioni contrastanti: avvolti dalla nostalgia del passato, e trascinati dalle speranze del futuro. Le opere di Ying Tianqi sono impregnate di questi significati, comuni a tutti noi e ci portano interrogativi, ci ispirano. E tutti coloro che si avvicineranno alle sue opere non mancheranno di riconoscerlo. 
Critico d’arte
traduzione di Sabrina Ardizzoni

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