LESSICO SENTIMENTALE “COSàŒ LE NOSTRE PASSIONI SONO UNA CREAZIONE CULTURALE”

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Jeffrey Eugenides ama conversare e scrivere d’amore. E lo fa spiegando che «è difficile immaginare di scrivere qualcosa sugli esseri umani senza prendere in considerazione quel che farebbero per amore». Appartiene alla categoria di narratori che partono in maniera esplicita dalle proprie esperienze personali, tuttavia, prima di abbandonarsi ai ricordi intimi preferisce soffermarsi sull’importanza imprescindibile dell’amore nella storia della letteratura («pensi a Omero, Catullo, Tolstoj o Shakespeare»), negando che la narrativa statunitense prediliga oggi altri temi: «Non crede che Libertà  di Franzen parli in primo luogo di amore e di tutti i conflitti che scatena?», mi chiede nel suo ufficio di Princeton. « Jhumpa Lahiri scrive di amore e anche George Saunders, che non definiresti immediatamente
un romantico, ha scritto Jon, una delle grandi storie d’amore contemporanee. Updike e Cheever hanno scritto delle difficoltà  dell’amore: l’adulterio, il divorzio… Ne parla anche Bellow, pensa a: Ne muoiono più di crepacuore. E perfino DeLillo, che dipinge in toni cupi, ha scritto scene ambientate in stanze di motel…».
Quali sono i romanzi d’amore che l’hanno influenzata maggiormente?
«Lolita, che è una storia d’amore perversa, ma autentica e i grandi romanzi ottocenteschi: Anna Karenina, Madame Bovary, Ritratto di signora. Ma se vogliamo fare una riflessione sull’amore devo citare la frase di La Rochefoucauld che ho posto come epigrafe nella
Trama del matrimonio: “La gente non si innamorerebbe se non avesse sentito parlare dell’amore”. È un’idea interessante: che l’amore non sia intrinseco agli esseri umani, una parte della nostra biologia, ma piuttosto qualcosa di culturale, creato dalle nostre menti. Da bambini, impariamo dai libri e dai film l’esistenza di questo fenomeno chiamato amore. Quando abbiamo cinque anni, abbiamo l’idea di sposare, una volta adulti, nostra madre. Poi ci vengono altre idee. I bambini giocano al matrimonio, o almeno lo facevano quando ero piccolo. Probabilmente ora giocano ad “accordi prematrimoniali”, ma la verità  è che noi impariamo l’idea di innamorarci prima di quando ci innamoriamo».
Che libri ha regalato quando si è innamorato?
«La cosa importante, quando si è innamorati, è regalare un libro che a lei (o lui) piacerebbe realmente leggere. Non deve essere romantico, anzi, meglio se non lo è. Non devi metterti a nudo, ma invece affascinare la mente dell’amata per possederne il corpo. E se non sei interessato alla sua mente, allora è bene che dimentichi il corpo perché i tuoi piaceri saranno superficiali e temporanei. Una volta regalai a mia moglie la biografia di Duchamp perché è uno dei suoi artisti preferiti: è una persona a cui è difficile fare i regali, ma in quella occasione ebbi successo. Non regalate quindi Cinquante sfumature di grigio, ma piuttosto Tractatus di Wittgenstein o Le onde
di Virginia Woolf e avrete una conversazione molto migliore a cena. E momenti ancora più piacevoli dopo».
Quali sono invece i film con scene d’amore che l’hanno influenzata?
«Se devo essere sincero, qualunque film con una donna nuda. Sono il più giovane di tre fratelli e per questo ho avuto la fortuna di essere portato al cinema a vedere film che erano troppo sofisticati per me. Mia madre spesso era costretta a coprirmi gli occhi con le mani durante le scene d’amore. Ed è questo che ha influenzato la mia vita e la mia scrittura: fugaci immagini proibite d’amore sullo schermo. Che cose incredibili che ho visto attraverso le dita di mia madre! Steve McQueen a letto con Ali MacGraw! La moglie vergine di Michael Corleone che si spoglia con gesto imperioso nella prima notte di
nozze in Sicilia! Un intero mondo adulto che mi aspettava fuori dal cinema, pieno di belle donne che mi facevano sentire cose che non capivo bene. Desiderio e frustrazione insieme. In altre parole: dramma».
Cosa impariamo dall’amore rispetto ad una semplice passione?
«Impariamo che non possiamo vivere senza. E che se serve, per l’amore possiamo felicemente perdere le nostre vite o la nostra salute. Pensa alla grande canzone di Cole Porter: So in love. L’inizio è abbastanza convenzionale, ma poi è fondamentale quello che dice il coro, e cioè che l’amore ha il potere di farci autodistruggere. Le passioni più semplici non hanno questa forza».
Ritiene che il matrimonio sia un’istituzione in declino?
«Le statistiche potrebbero suggerirlo, ma non ne sono molto convinto. Sebbene la monogamia sia difficile se non innaturale, nonostante la facilità  con cui si divorzi, l’abilità  delle donne di guadagnarsi da vivere e il fatto che la rivoluzione sessuale abbia privato il matrimonio della sua principale ricompensa erotica, la gente continua a sposarsi. Proprio oggi un compagno di università  mi ha chiamato per annunciarmi che si sposerà  per la prima volta a 52 anni. Anche le persone che divorziano da terribili matrimoni generalmente si risposano. Il motivo è che a una certa età  è più facile socializzare come coppia: nessuno vuole essere solo. La gente sposata vive più a lungo e così il matrimonio fa bene, come mangiare lo yogurt. Mi viene da pensare al concetto platonico secondo cui il primo essere umano era un ermafrodito, mezzo uomo e mezza donna, e una volta separate queste due parti erano andate alla ricerca dell’altra per sempre. Non so se il matrimonio è in declino. Forse. Ma il voler essere coppia non scomparirà  mai. Ognuno sogna di essere un cigno».
Come è cambiata l’educazione sentimentale dai tempi della sua infanzia?
«Sarei tentato di pensare che è scomparsa completamente. Come fa a resistere nell’era del porno via internet, della mercificazionedel corpo, e del capitalismo che fa pensare alla gente di essere prodotti in un mercato sessuale? Probabilmente c’è del vero in tutto ciò, ma poi uno guarda la propria figlia di 13 anni, che sembra vivere la propria educazione sentimentale in maniera non troppo differente da quella che abbiamo vissuto noi. E questo probabilmente rappresenta la speranza, se non l’illusione che l’altro non sia stato cambiato dalle mutazioni tecnologiche o sociali».
Ricorda il suo primo amore? A cosa associa quel ricordo?
«Il mio primo amore era un’asta di metallo che avevamo nel terrazzo di casa nostra. Era alta due metri e mezzo, e una volta, in terza elementare – dovevo avere 8 o 9 anni – ho tentato di arrampicarmi. Una volta giunto in cima, stringendomi con le ginocchia, ho sentito un’improvvisa e fortissima sensazione fisica. Non sapevo cosa fosse, ovviamente. Ma sapevo che era bella e che mi piaceva. Da quel giorno, ogni volta che tornavo da scuola, mi arrampicavo sull’asta. Finché un giorno mia madre se ne accorse e mi chiese cosa stessi facendo: “sto cercando di procurarmi quel piacere”, le dissi, con assoluta onestà . Ci volle un po’ prima che mia madre realizzasse. Ma quando capì, mi disse di smettere di arrampicarmi. E così io e il mio primo amore fummo separati».
È l’amore l’unico modo per raggiungere la felicità ?
«Dipende da quanto è alta l’asta».


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