«Animali stremati dalla siccità  Il governo fermi la caccia»

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MILANO — Per legge bisognerebbe attendere la terza domenica di settembre. Anche se poi le Regioni possono chiedere l’anticipo del calendario. Vedi le Marche, dove da sabato si potrà  sparare contro tortore, colombacci, germani reali e ghiandaie; l’Umbria, stessa data con licenza di uccidere merli, gazze e cornacchie grigie; il Veneto, come sopra per le stesse specie. Il punto è che la siccità  â€” 70 giorni senza pioggia in quasi tutta la Lombardia, Triveneto, Puglia, Calabria, Sicilia, Lazio, Toscana e Liguria, che è già  record per gli ultimi trent’anni — ha sconvolto il bioritmo di molti animali, affaticati, debilitati, quando non decimati. Da qui è nata la lettera, scritta ieri al premier, ai governatori e ai presidenti delle associazioni venatorie, in cui si chiede di non dar avvio alla stagione venatoria.
«C’è penuria di bacche, semi e insetti, che rappresentano la base della catena alimentare. Non c’è più erba né ci sono foglie, gli alberi stanno morendo. Con il prosciugamento delle zone paludose, tendono a ridursi o addirittura a sparire gli habitat acquatici. Ovunque il corpo forestale raccoglie corpi di animali senza vita, documenta morìe tra le cucciolate e le nidiate. Viviamo una vera e propria tragedia, una situazione di emergenza», così recita un passaggio dell’appello del movimento «La coscienza degli animali», nato per volontà  degli ex ministri Michela Vittoria Brambilla e Umberto Veronesi per contribuire a creare in Italia una nuova cultura di amore e tutela degli animali e di rispetto dei loro diritti. E che per statuto di batte contro la caccia.
A firmare la lettera sono stati anche i «garanti» Susanna Tamaro, Franco Zeffirelli, Margherita Hack, Maurizio Costanzo, Elio Fiorucci, Vittorio Feltri, don Luigi Lorenzetti, Edoardo Stoppa e Dacia Maraini. La preoccupazione dei promotori è chiara. «Quando le fonti idriche sono ridotte e disperse, il maggior dispendio energetico necessario per raggiungerle rende più difficile la riproduzione ed è causa di elevata mortalità  soprattutto tra gli individui più giovani, per i quali aumenta il rischio di contrarre malattie e di essere predati». Ecco perché si fa riferimento alle disposizioni europee. «In queste condizioni, autorizzare l’attività  venatoria equivarrebbe ad infliggere il colpo di grazia a intere generazioni di animali, già  falcidiate dalla siccità , violando la lettera e lo spirito della direttiva 147/2009 che consente la caccia solo se non danneggia le popolazioni di uccelli selvatici».
La violazione di una direttiva europea, peraltro, non è senza un costo. «Si pagano multe salatissime», spiega l’onorevole Brambilla, che non esiterà  ad appellarsi alle sedi competenti se l’appello non sarà  accolto. E insiste: «Il punto è che non possiamo rimanere indifferenti. Il patrimonio faunistico appartiene a ognuno di noi, si è formato in milioni di anni, abbiamo tutti il dovere di tutelarlo e di lasciarlo a chi verrà  dopo».
Non mancano toni forti. «Non si può sparare a povere creature già  moribonde, sarebbe come imbracciare un fucile in un campo di sterminio». Ed è per questo che al governo viene chiesto di proclamare «un vero e proprio stato di calamità  naturale per la fauna selvatica, con conseguenti provvedimenti di tutela e sostegno per le popolazioni in difficoltà ». E ai cacciatori, «se davvero amano la natura come dicono, di unirsi al nostro appello. Altrimenti corrono il rischio di cacciare in un deserto».
Su di loro, però, l’astrofisica Margherita Hack non nutre molte speranze: «Sono una razzaccia, non lo so se si sentiranno sensibili. Ma a loro voglio dire che è una gran vigliaccheria prendersela con animali stremati dalla fame e dalla sete».


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