La storia violata di Maria

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Tra le clandestine circola 
una storiella. In una strada 
di Kyev una bella ragazza aspetta l’autobus. Si accosta una fiammante
macchina sportiva con alla guida un giovane elegantissimo.
Le guardo, in gruppi numerosi il giovedì, alcune giovanissime e altre più anziane, che ridono parlando strette nelle loro mille lingue incomprensibili, bionde e brune, bellissime o rudi nei tratti e nei modi. Un altro mondo, proprio in mezzo al nostro. Mi hanno sempre incuriosito, mi sono chiesto tante volte come ci vedono, cosa prendono e cosa lasciano in questo Paese fintamente ospitale.
Tania è in Italia da dieci anni, dopo tre ha ottenuto il permesso di soggiorno. È una bravissima cameriera e ormai una professionista affermata: lavora a ore ed è popolarissima tra le signore della Napoli bene, che se la contendono a colpi di decine d’euro. E’ popolare anche tra le nuove arrivate, che colloca a piene mani senza pretendere, come altri, percentuali.
Le ho parlato delle mie curiosità , della voglia di sapere quello che non c’è scritto sui giornali. Le ho detto che non mi interessa sapere di prostituzione, di sfruttamento, di racket. Le ho chiarito, superando la sua diffidenza, che mi interessa l’aspetto umano, la vicenda delle persone. Le ho chiesto di raccontarmi una storia di degrado, di difficoltà  e di sofferenza. 
Mi ha dato appuntamento di pomeriggio, in macchina. E mi ha dato un indirizzo.
Il giovanotto elegantissimo 
offre un passaggio alla ragazza
che, ammirata da tanta opulenza,
accetta. L’uomo propone alla giovane di andare a pranzo,
nel ristorante più lussuoso della città . La ragazza, dopo essersi fatta un po’ pregare, dice di sì.
Incontro Nadia a casa sua, in un paese dell’agro aversano. Sono sorpreso: è un appartamento più che dignitoso, due camere con bagno e cucina, un televisore, centrini sui mobili. Pulitissimo. Guardo Tania: dov’è il degrado? Lei risponde con un cenno alla domanda di Nadia, vocali chiuse e consonanti gutturali. Può raccontare. La voce è profonda, matura. Contrasta con l’aspetto, una ragazza esile e bionda, giovane, vestita di nero, capelli raccolti in una coda, niente trucco. Sarebbe molto bella, Nadia, se non fosse per gli occhi, tristi e vecchi. 
Ci offre un caffè, fuori dei bambini giocano a pallone. Il sole attraversa tende e tapparelle e dipinge strisce di luce sulla parete. Un deodorante per ambienti finge gelsomini.
Nadia comincia a raccontare.
Dopo il pranzo, il giovanotto
propone alla ragazza
di fare un giro. Si ferma 
in una gioielleria, regala 
alla donna un bell’orologio.
Lei è sempre più affascinata
da tanta ricchezza.
Maria, mia sorella, è arrivata in Italia cinque anni fa, dice Nadia. Aveva ventiquattro anni, due figli e un marito di cui era innamorata. Noi siamo moldave, ma è inutile cercare di spiegare dov’è il nostro paese, tanto qua siamo tutte russe come se trent’anni non fossero passati. Insomma, il marito di Maria non trovava lavoro e aveva cominciato a bere. È così, da noi. Il liquore costa poco, si fa in casa, nelle cantine.
La fame, la povertà , il bambino più piccolo con una brutta tosse che non passava mai. Maria si ricordò di una cugina che era in Italia da qualche anno, e che la famiglia di lei aveva comprato una casa e poi un’altra, da affittare. Prese contatto con lei e salì sul piccolo pullman, quello che parte ogni settimana. Sono i nostri gommoni, vanno avanti e indietro, non si fermano mai. 
È un viaggio lungo, col freddo o col caldo, e costa soldi, tanti. Ma si fa, è una specie di investimento, e poi a volte è l’unica possibilità  che rimane, voi non avete idea di quanta miseria ci sia al mio paese; i maschi per risparmiare viaggiano nel doppiofondo dei Tir, e spesso ci muoiono pure, all’arrivo i cadaveri vengono gettati via, dicono. E a casa non arrivano più notizie.
Solo che all’arrivo di Maria la cugina non c’era, e lei si ritrovò sola, senza soldi e senza parlare una parola di italiano.
Chiacchiera chiacchiera, si fa sera e naturalmente il giovanotto 
elegante porta la ragazza
in albergo. Lei ormai
è innamorata cotta 
e già  immagina un futuro
di ricchezze e agi.
Maria non trova la cugina, ma trova un tizio guarda caso moldavo proprio dove arriva il pullman. Comincia a chiacchierare, e quello le dice che c’è una famiglia ricca che cerca una cameriera giorno e notte; la porta da loro e incassa la metà  dello stipendio per i primi sei mesi. Maria è contenta comunque, perché ha trovato un tetto, del cibo e può già  cominciare a mandare a casa duecento euro al mese, una fortuna. La famiglia è costituita solo da una coppia, un signore e una signora non giovanissimi senza figli, molto gentili e affettuosi con lei. Maria sa lavorare, è forte e impara in fretta. Una volta alla settimana Maria chiama a casa, e la voce dei figli le stringe il cuore in un pugno, ma si fa forza e ride, insieme ai soldi manda vestiti e cose da mangiare, i bambini le raccontano della scuola. Quando attacca la cornetta Maria scoppia a piangere per la nostalgia, ma poi si calma al pensiero di quanto li stringerà  al suo ritorno.
Dopo alcuni mesi, però, l’uomo comincia a guardarla con occhi diversi. Ogni volta che si trova solo con lei le parla all’orecchio, le accarezza la spalla. Maria prima ci scherza su, poi comincia ad avere paura. La moglie non si accorge di niente, anzi è sempre meno presente. Il marito si fa pressante, ansima, allunga le mani. Maria ha sempre più difficoltà  a sottrarsi a quelle mani. 
Naturalmente prendono la suite
presidenziale; il giovanotto 
elegante fa arrivare una bottiglia di champagne in un secchiello
di ghiaccio e dodici rose rosse.
Maria lo minaccia di parlare alla moglie. Lui, per tutta risposta, le dice che se gli resiste ancora la denuncia e la fa rimpatriare subito, con un calcio nel sedere. Maria è disperata: la sua famiglia a casa ha finalmente trovato gli agi sognati, il bambino non ha più la tosse e, andando avanti così, entro due anni riuscirà  a comprare la casa. Ci prova, a rivolgersi al tizio che le ha trovato il posto, ma lui le risponde che nessuno prende una che è stata cacciata da un’altra casa, e che non può permettersi di fare tanto la difficile, e poi che sarà  mai, in fondo può essere anche piacevole.
Maria ripensa a quello che è riuscita a fare, lavorando qui. Non può perdere tutto questo, e allora cede.
Dopo tre mesi, scopre di essere incinta.
I due fanno l’amore per tutta
la notte, tra lenzuola di seta 
e musica classica. La ragazza
pensa alla macchina posteggiata
sotto l’albergo e dà  il meglio di sè.
Maria non conosce nessuno, non può chiedere aiuto ad altri. Crede che l’uomo per primo non abbia interesse a che il bambino nasca. Pensa che provvederà  lui, un ricco e apprezzato medico dei quartieri alti. E lui invece dice di no, che il bambino lo vuole. Che è cattolico, e che a un aborto non pensa affatto. Che nessuno deve osare di pensare a uccidere suo figlio.
Maria è sorpresa, non sa che cosa pensare; chiede all’uomo che cosa succederà  a lei, che ha una famiglia e non intende averne un’altra. Lui ride, le dice che anche lui ha una famiglia e che appunto per questo ha cercato e trovato un modo per avere un figlio che altrimenti non arrivava. Che lui e la moglie le hanno tentate tutte, e poi hanno deciso così.
Maria non capisce, non può credere a una cosa così atroce. Ma non può fare niente, non ha dove andare nelle sue condizioni. Può solo andare avanti e aspettare. I due la curano, non la fanno lavorare, sorvegliano che non parli con nessuno del suo stato; non la lasciano mai sola, addirittura quando telefona a casa sua fanno in modo che sia presente il moldavo che ha fatto da intermediario, per essere sicuri che non racconti niente a nessuno, nella sua lingua. Le danno ancora più soldi da mandare a casa, il marito e i figli sono al settimo cielo.
Al mattino la ragazza, felice
e innamorata, trova finalmente
il coraggio di chiedere
al giovanotto elegante che lavoro faccia, da dove prenda 
tutta quell’opulenza.
È forse un industriale? 
Un petroliere?
Il bambino nasce, sano e forte. La coppia dice a Maria che, terminato l’allattamento, riceverà  in un’unica soluzione lo stipendio di due anni. È la somma che lei aveva in mente di guadagnare prima di tornarsene a casa, e molto in anticipo; ma adesso che lo tiene in braccio, con grandi occhi neri così diversi dai suoi e da quelli dei figli in Moldavia, Maria non sa se riuscirà  a voltare le spalle a suo figlio. Figli dell’amore, figli della violenza, figli dell’inganno. Figli.
Le danno delle medicine, dei ricostituenti. Le dicono che le analisi del sangue mostrano una brutta anemia. Lei ha fiducia, l’uomo è un dottore importante. 
Passa il tempo dormendo o tenendo il bambino. Ne guarda i tratti, impara a riconoscerne il sorriso. Vorrebbe parlargli, fargli sentire il suono della sua lingua, di un paese lontano che chissà  se e quando vedrà ; ma è debole, sempre più debole. A volte non distingue il sonno dalla veglia.
Prende le medicine, ma non migliora. Anzi, si aggrava sempre di più, finché entra in coma. Il dottore e la moglie mandano a chiamare il marito, gli pagano anche il viaggio. L’uomo arriva in aereo, è contento che Maria sia assistita da un medico così importante, con una moglie e un figlio piccolo dai grandi occhi neri. Maria non si riprende più e muore, un anno e due mesi dopo il suo viaggio disperato in pullman.
Il dottore e la moglie sono generosissimi, danno al marito di Maria due anni di stipendio in una sola volta; in fondo, Maria è stata la prima balia del loro figlio adorato, e la ricorderanno sempre con amore. L’uomo torna a casa con Maria in una cassa, all’arrivo si ubriaca e piange un po’. Con i soldi compra due case: una l’affitta, nell’altra va ad abitare con i due figli che della mamma ormai hanno un ricordo confuso. 
Adesso ha anche una nuova moglie, si chiama Ludmilla.
Nel silenzio che segue, le urla dei bambini che giocano a pallone sembrano strida di gabbiani. Nadia si alza e prende dalla credenza una fotografia; si vede una donna bionda che le somiglia moltissimo, con un bambino dagli occhi neri in braccio. La foto è storta, fatta con l’autoscatto e con una macchinetta da due soldi, ma dietro la donna e il bambino si vedono il sole e il mare di Posillipo.
Guardo Tania, che sorride come una Monna Lisa dell’est; ha ragione, questo è l’orrore.
Il giovanotto elegante sorride 
e risponde: niente di tutto questo.
Ho solo una moglie 
che fa la cameriera in Italia.


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