Interviste a pagamento, il caso ora tocca il Pd
Prima c’è il grillino Giovanni Favia, che ammette di aver firmato un contratto con l’emittente locale 7 Gold e in un nanosecondo incassa la reprimenda di Beppe Grillo («Pagare per andare in tv è come pagare per andare al proprio funerale»). Poi arriva la collega centrista Silvia Noé a spiegare la ratio di rassegne stampa e servizi su commissione: «Così fan tutti». Ieri è stato il turno del democratico Thomas Casadei, che ha formalizzato la pratica con Teleromagna: «Abbiamo un regolare contratto ma viene sempre indicato che si tratta di una trasmissione a cura del nostro gruppo politico». In realtà , non tutte le presenze davanti alle telecamere indicano in sovraimpressione che il messaggio è a pagamento. Come ha raccontato il Fatto Quotidiano, per le tv locali accettare soldi dai politici è prassi consolidata. Con un tariffario in base alle fasce orarie: «Lavoriamo con tutti i partiti, nessuno escluso — assicurano Teleromagna e Telerimini —. Se è un segretario paga il partito, se è un consigliere regionale si fattura al gruppo assembleare». E quanto costa un’apparizione? In spot, 7 euro e 50 per 30 secondi. In studio, nella trasmissione di punta, con 500 euro si può rispondere per mezz’ora alle domande del giornalista. Ieri il bersaglio principale è stato il Pd, giudicato ipocrita per aver da subito stigmatizzato la tendenza a metter mano al portafoglio: «È un fatto gravissimo — ha tuonato Favia —. Avevano detto di essere gli unici che non acquistavano! Si vergognino. Ora voglio vedere se i tg daranno con lo stesso peso questa notizia. Se avessi mentito io o nascosto i fatti, cosa avrebbero detto di me?». Il consigliere grillino, su Facebook, mira a prevenire gli attacchi: «Ben due settimane prima delle polemiche, avevo dato disposizione di bloccare il rinnovo del contratto con la tv locale, per via di alcune criticità che non mi convincevano, tra cui che non fosse chiara la committenza pubblica degli spazi (competenza dell’editore). Segnalai la cosa a chi di dovere il quale mi tranquillizzò, ma questo non mi giustifica: devo fare anch’io un mea culpa». E il Pd che fa? Casadei si difende a mezzo nota: «Come consigliere ho preso parte ad un contenitore progettato a informare i cittadini su ciò che viene realizzato o sui problemi aperti — La mia Regione — ove contenuti e informazioni sono legati alle campagne istituzionali e di informazione promosse dal Gruppo pd, e questo è avvenuto, di volta in volta, su singoli temi specifici, con l’ausilio di apposita documentazione, e con il richiamo al simbolo del partito». Il richiamo è a «un regolare contratto sull’intero servizio fornito da Teleromagna e in accordo col mio capogruppo». Il capogruppo, Marco Mornari, assicura che il partito valuterà i video, per verificare se sia apparsa o meno la comunicazione di avviso a pagamento: «Non ho modo di credere che Casadei si sia comportato in modo scorretto. Se le cose non sono trasparenti si assumerà le sue responsabilità pagando di tasca propria». Nel Pd, però, c’è chi preferirebbe che di soldi non si parlasse proprio. Per Matteo Richetti, presidente dell’assemblea regionale, giornalista, «è immorale — per tutti i partiti e per i media — pagare per essere intervistati e ricevere soldi per fare domande».
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