In piazza per non accettare ricatti

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«Sì ai diritti, no ai ricatti: salute, ambiente, reddito, occupazione». Questa mattina manifesteranno dietro questo striscione. Sono cittadini e operai Ilva, che lunedì scorso hanno dato vita al comitato «Cittadini e lavoratori liberi e pensanti». Un qualcosa di unico per Taranto. Un atto che ha del rivoluzionario in una città  da sempre indifferente nei confronti di se stessa e dei propri figli. 
A cominciare proprio dalle migliaia di operai che da decenni varcano i cancelli dell’Ilva, la più grande acciaieria europea, che istituzioni e media nazionali sembrano aver scoperto soltanto giovedì scorso. Da quando cioè è in bilico il futuro di una delle aziende più importanti per l’economia italiana. Solo dopo che sono state notificate le ordinanze del gip Patrizia Todisco e della Procura di Taranto, che hanno squarciato un velo di oltre 60 anni, inchiodando l’azienda, i suoi proprietari e dirigenti alle loro responsabilità . Ma ancora prima che la città , l’azione della magistratura ha liberato dalle catene del ricatto occupazionale e del silenzio, proprio loro, gli operai. I primi a respirare veleni, i primi ad ammalarsi, i primi a sapere, vedere e vivere, da sempre, i drammi del mostro d’acciaio. E sono proprio loro, adesso, a voler diventare protagonisti, bypassando quei sindacati che per decenni hanno coperto l’azienda, attraverso accordi capestro e sostenendo come, grazie al paventato investimento di oltre un miliardo di euro, l’Ilva fosse diventata un’azienda modello a livello europeo. 
Ma adesso che il vento della storia di Taranto ha iniziato a soffiare in senso contrario, «vogliamo far sentire la nostra voce: perché in quella fabbrica ci hanno tolto l’intelligenza, la libertà  di pensiero e azione – afferma uno dei portavoce, operaio Ilva, Cataldo Ranieri – ora basta. Non possiamo più restare inermi: in ballo c’è il futuro e la salute dei nostri figli. Che non siamo disposti a barattare per nulla al mondo». Sì, perché il vero salto di qualità  sta proprio nello slogan di fondo del comitato: «E’necessario superare il conflitto ambiente/lavoro, che fino ad oggi ha visto gli operai contrapposti ai cittadini. Il comitato nasce con questi obiettivi: tutela della salute e dell’ambiente, coniugata al reddito di cittadinanza e alla piena occupazione. Da oggi il pensiero unico sul quale ragionare sarà  prima la tutela dell’ambiente e della salute, e poi tutela del lavoro». Esattamente l’opposto, quindi, di quanto sostenuto da politica, sindacati e parte dell’arco ambientalista che prosegue imperterrito sulla strada dell’eco-compatibilità , dove salute e lavoro «devono» andare di pari passo. E’ chiara dunque la rottura col passato. «Siamo stanchi di dover scegliere tra lavoro e salute. Imputiamo all’intera classe politica di essere stata complice del disastro ambientale e sociale che da 50 anni costringe Taranto a dover svendere diritti in cambio del salario. Siamo stanchi di sindacalisti che invece di difendere i nostri diritti salvaguardano i profitti dell’azienda». Dunque, siamo al punto di non ritorno. E domani «saremo in piazza non per contestare la decisione della magistratura, né per difendere gli interessi della proprietà  e le posizioni dei sindacati, ma per reclamare il rispetto di diritti fondamentali fino ad oggi calpestati», conclude Ranieri. 
Un’altra Taranto è davvero possibile. Perché questi operai, cittadini e studenti incarnano la voglia di immaginare e costruire insieme un’altra idea di città , che abbandoni le logiche del profitto e sposi la crescita di un’economia che non preveda più ricatti, ma solo diritti. Perché il bene comune da difendere, adesso, è il futuro. Fino all’ultimo respiro.


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