Ilva, via libera del Cda a 146 milioni per la bonifica

by Editore | 26 Agosto 2012 14:50

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Una parte della somma stanziata, 90 milioni, era già  in corso di spesa per ottemperare ad alcune prescrizioni presenti nell’Aia rilasciata il 4 agosto 2011: gli ulteriori 50 annunciati dall’azienda al termine del vertice con i ministri Clini e Passera della scorsa settimana, serviranno per «iniziative che riguardano tutti gli impianti interessati, soprattutto dell’area a caldo», ha dichiarato il presidente di Ilva, Bruno Ferrante, al termine del Cda. Ma questi 146 milioni sono soltanto una prima, piccolissima parte di quegli investimenti che l’azienda sarà  chiamata a fare nell’immediato futuro, se vorrà  continuare a tenere in vita il sito produttivo di Taranto. Anche il ministro dell’Ambiente Clini, nei giorni scorsi ha evidenziato la necessità  che l’azienda aumenti il plafond da investire. Ma perché ciò possa essere preso in considerazione dal Gruppo Riva, si attenderanno gli esiti della procedura di revisione dell’Aia per ipotizzare una disponibilità  economica aggiuntiva ed il cronoprogramma degli interventi richiesti. Altre operazioni saranno invece valutate nei prossimi giorni insieme ai custodi giudiziari, che non hanno terminato il lavoro di ispezioni delle aree sequestrate. Ma non è tutto oro ciò che luccica. Anzi. Perché se è vero che l’azienda prima e il Cda poi, hanno dato l’ok all’attività  di monitoraggio dell’area a caldo del siderurgico come richiesto dai custodi giudiziari, che riguarderà  «sia la parte esterna dello stabilimento sia la parte interna dei singoli impianti», è altrettanto vero che l’azienda sia in netto ritardo anche su questo. Nelle 462 prescrizioni dell’Aia rilasciata ad Ilva il 4 agosto 2011 infatti, si prescriveva la presentazione entro 12 mesi (ovvero questo mese) dello «studio di fattibilità  per l’installazione di un sistema di monitoraggio a videocamera in varie postazioni strategiche all’interno dell’impianto (cokeria, altoforno, acciaieria, eccetera) per monitorare potenziali sorgenti di emissioni convogliate e non convogliate, anche legate a malfunzionamenti di apparecchiature e/o anomalie di processo, secondo le indicazioni dettagliate nel piano di monitoraggio e controllo»: tanto è scritto a pag.825 dell’autorizzazione. Soltanto in questi giorni però, l’azienda si è accorta che l’attività  di monitoraggio «va potenziata: dobbiamo muoverci tempestivamente e rapidamente proprio su questo punto». Così come erano sempre dodici i mesi di tempo per studiare un progetto capace di «ridurre gradualmente le emissioni diffuse di polveri di almeno il 50% entro 5 anni». La precedente Aia, seppur carente e a maglie molto larghe, passava in rassegna tutti i settori dell’impianto, definendo le correzioni da apportare. Ma nessuno è in grado di dire se ed in che modo queste misure (o i loro studi di fattibilità ) siano state varate dall’Ilva. Sempre a proposito di Aia, la Commissione per la nuova autorizzazione integrata ambientale darà  il via ai lavori a Taranto domani, con l’obiettivo di arrivare alle conclusioni della relazione istruttoria entro la fine di settembre con una serie di incontri tecnici, per chiudersi il 15 ottobre con la Conferenza dei servizi. Il programma prevede un approfondimento sulle migliori tecnologie, impianti, gestione ambientale e monitoraggio. Nel gruppo di supporto alla commissione ci sarà  anche una figura per i rapporti con l’Ue. Ad ottobre saranno invece presentati i risultati di un’analisi sulla contaminazione da diossine e metalli pesanti nei pressi dell’Ilva di Taranto, nell’ambito del programma strategico «Ambiente e Salute» finanziato dal ministero. L’ISS in collaborazione con il Dipartimento di Prevenzione della ASL di Taranto, ha condotto uno studio esplorativo di monitoraggio biologico umano su circa 50 persone, che hanno lavorato come allevatori presso masserie dislocate nella provincia di Taranto. Obiettivo: valutare il carico nel corpo degli allevatori di inquinanti persistenti quali metalli pesanti e diossine. Intanto, come certificato anche dai custodi giudiziari, al momento le attività  produttive del siderurgico viaggiano in regime di minimo tecnico. Ovvero intorno al 50% delle sue potenzialità .

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