IL MINUETTO DEI POTENTI

by Sergio Segio | 30 Agosto 2012 16:55

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Ieri a Berlino c’è stato il passo di danza tra Merkel e Monti, con inchini reciproci e qualche piede pestato. I primi esprimevano compiacimento sui «progressi» fatti con l’austerità , «premiati» ieri dai mercati finanziari con tassi in calo all’asta dei 9 miliardi di titoli italiani. Molto meno diplomatico è stato il rifiuto tedesco di assegnare la licenza bancaria al Meccanismo europeo di stabilità , la nuova forma che avrà  presto il fondo salva-stati, e che potrebbe fermare la speculazione moltiplicando la capacità  della Bce di acquistare titoli invenduti. Mario Draghi ha danzato ieri via intervista: inchino alla Merkel quando chiede per l’Europa «un vero controllo sui bilanci nazionali», una girata di spalle quando minaccia che l’intervento della Bce «potrebbe richiedere in alcuni casi misure eccezionali». I damerini della destra tedesca ottengono dalla Merkel un irrigidimento, mentre gli altri leader, Hollande in testa, ottengono un inchino all’esigenza della crescita. In quella direzione, Mario Draghi si è dato molto da fare, in un anno ha stampato e regalato alle banche 1200 miliardi di euro – un valore quasi pari al Pil di tutta l’Unione europea – ma senza risultati: ora l’Europa intera è in recessione e a luglio è crollato il credito a famiglie e imprese nei paesi della periferia. Mario Monti chiude gli occhi di fronte alla caduta dell’economia italiana ed esibisce la propria austerità , assicurando che continuerà  anche dopo le elezioni; si inchina allo strapotere tedesco ammettendo che «le scelte dei Parlamenti e dei governi avvengono in un quadro europeo che dà  precise linee guida per le politiche nazionali», e poi prova a tenerlo a bada ripetendo che non avremo bisogno di aiuti europei. Poi ci sono le cose che i ballerini si sussurrano all’orecchio. Si tratta della proposta tedesca di un nuovo Trattato europeo sul governo dell’economia (senza democrazia), fatto a immagine e somiglianza di Berlino, da discutere solo tra governi. Ci accorgiamo così che, al minuetto, Commissione e Parlamento europeo non erano neanche invitati, che peccato. Nel settecento, i balli a palazzo reale servivano per sfoggiare potere e prestigio di fronte ai sudditi; ora i destinatari del minuetto sono le opinioni pubbliche dei paesi in cui si andrà  al voto: dopo l’Olanda, Italia e Germania. I mercati finanziari non si fanno incantare dalle danze, sono loro a dettarne la musica. In questo ritorno di ancien régime, è difficile che un minuetto tenga insieme l’Unione europea. È impossibile che ci porti fuori dalla crisi. Potrebbe succedere che il terzo stato, fuori dal palazzo reale, decida di cambiare la musica?

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