Il giudice ordina: staminali alla bimba

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La lotta disperata di genitori che si trovano con una bambina meravigliosa dal destino segnato. Pronti a tutto. È quanto sicuramente ha colto il giudice del lavoro di Venezia, Margherita Bortolaso, nel prendere una doppia decisione nel caso della piccola Celeste Carrer, due anni, malata di atrofia muscolare spinale (o Sma, che porta a un rapido declino fino alla paralisi completa). A Brescia veniva sottoposta a infusioni di staminali adulte donate dalla madre. Sembrava migliorare. E i genitori speravano. Fino a quando l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), lo scorso 15 maggio — dopo ispezioni dei carabinieri del Nas, di tecnici della stessa Aifa e del ministero della Salute —, non ha emesso un’ordinanza che bloccava il trattamento sperimentale e l’accordo di collaborazione dell’ospedale di Brescia con la onlus Stamina Foundation. Onlus sotto inchiesta a Torino per associazione a delinquere, truffa, somministrazione di farmaci imperfetti e pericolosi per la salute pubblica. Tredici indagati. Tra cui il presidente-fondatore Davide Vannoni, 42 anni, docente di lingue straniere a Udine, e il pediatra in pensione Marino Andolina, che segue Celeste. Un’indagine avviata nel 2009 con le storie di una settantina di pazienti senza speranza «curati» dalla Stamina. Malati che uno dei responsabili della fondazione definiva «fortunatamente in aumento». 
Ma il blocco dei trattamenti a Brescia non è arrivato da Torino, bensì dall’Aifa. La motivazione? Basta leggere l’ordinanza: un laboratorio «assolutamente inadeguato», non igienico, senza protocolli di lavorazione, senza accertamenti di alcun tipo sul materiale biologico prodotto, con medici inconsapevoli di che cosa stanno iniettando, cartelle cliniche vaghe e irregolari, senza alcuna sperimentazione clinica ufficiale autorizzata. Le terapie a base di staminali, considerate come i farmaci e quindi di competenza dell’Aifa, sono da preparare in laboratori asettici, tecnologicamente adeguati. Così non è apparso il laboratorio Stamina a Brescia. E, secondo l’inchiesta torinese coordinata da Raffaele Guariniello, asettici non erano gli altri laboratori della onlus: un sottoscala a Torino (sede della Stamina), un centro di estetica a San Marino. L’inchiesta di Guariniello si è appena conclusa. Agli atti, denunce-esposti di pazienti, soldi versati alla onlus (da 27 mila a 50 mila euro a caso), consensi informati fatti firmare in bianco, raccomandazioni a pazienti e familiari di non dire nulla in giro perché si trattava «di una procedura vietata in Italia», indicazioni a versare i soldi per le terapie come «donazioni», spot promozionali tipo «prima e dopo la cura» (un ballerino russo in sedia a rotelle si alza e balla dopo le staminali).
Ieri il tribunale di Venezia, a cui i Carrer avevano presentato ricorso, ha stabilito che Celeste «deve» proseguire con le staminali perché è «in pericolo quotidiano di vita». Il giudice del lavoro Margherita Bortolaso, che si era presa 24 ore per decidere, ha chiesto nuovi atti: a Brescia la copia del ricorso presentato al Tar contro il blocco; all’Aifa «documentazione probatoria» sulla mancanza di supervisione nel lavoro del laboratorio bresciano della Stamina e sulla presunta impossibilità  di valutazione della qualità  delle cellule da iniettare. Tutto sarà  valutato il 28 agosto. Dopo l’ordinanza, il giudice ha depositato un secondo provvedimento, scritto a penna di suo pugno, a favore di Celeste. Con l’ordine all’ospedale di Brescia, per «esclusiva rilevanza nel singolo caso», di sottoporre la bimba «a un’infusione immediata delle cellule staminali con la metodica già  applicata». Si tiene conto della «rilevanza primaria del bene da tutelare» e «dei riscontri qualificati circa l’efficacia e l’urgenza» del trattamento. Un provvedimento assunto «in via provvisoria, nelle more dell’adozione della decisione» finale. 
Brescia si è subito attivata. Bisogna ricostituire l’équipe, spiegano, e riprendere i contatti con Stamina Foundation onlus per la strumentazione. La terapia non potrà  riprendere subito. Secondo Marino Andolina «ci vorranno due o tre giorni per valutare la vitalità  e la sterilità  delle cellule prelevate alla madre». 
Il padre di Celeste, l’imprenditore Gianpaolo Carrer, è felice: «La prima notizia positiva in questa vicenda. Ne ero sicuro, avevo già  notato in udienza l’attenzione con la quale siamo stati ascoltati». In nome di Celeste. Che, dice il padre, «si batte come una tigre contro la malattia».


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