IL CALCOLO DELL’EGOISTA

by Editore | 23 Agosto 2012 7:10

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Ronnie Cornwell, il padre del romanziere John Le Carré (il cui vero nome è David Cornwell), era un imbroglione che turlupinava il prossimo, sperando comunque di mantenere la sua rispettabilità . Il figlio, che ha costruito la sua fortuna descrivendo il mondo delle spie (in particolare La spia che venne dal freddo), ci ha regalato una profonda analisi della furbizia come male incurabile in Ronnie, mio padre, biografia sofferta e sincera. Le spie possono talvolta agire da furbe, approfittando delle circostanze favorevoli. Nel carattere di Ronnie, al contrario, non v’è un momento cruciale su cui si possa puntare il dito e dire: da qui in poi Ronnie fu disonesto. «Tutte le prove di cui ho avuto voce – racconta Le Carré – suggeriscono che fu un furbastro fin dal giorno in cui nella culla agitò i suoi primi sonagli. E, come un’infinità  di uomini nati imbroglioni, era un babbeo, un ingenuo come le persone che lui stesso turlupinava …».
Ronnie non ha nulla a che fare con un altro personaggio letterario, il Felix Krull protagonista dell’ultimo romanzo di Thomas Mann (1954). Felix Krull approfitta delle circostanze e delle debolezze altrui. Con totale disprezzo delle regole della buona borghesia, Felix si serve di chi godrebbe nel trasgredire tali regole, ma non ne è capace, perché privo di scaltrezza e fantasia.
Gli evasori fiscali sono dei furbi? Non certo come Ronnie, che combatte ad armi pari, imbrogliando i conoscenti e mettendo a repentaglio la sua rispettabilità . E neanche come Felix Krull, che fa dell’imbroglio uno strumento di libertà , e non solo per lui. Gli evasori fiscali sono sleali. Imbrogliano in modo asimmetrico una comunità  sterminata, quella dei contribuenti onesti.
La cura più ovvia, spesso proposta dagli economisti, consiste nel rendere sconveniente l’evasione, aumentando controlli e multe. È una buona ricetta, ma funziona soltanto con gli opportunisti, perché sposta l’equilibrio tra il premio dell’evasione e le possibili perdite e vergogne. Purtroppo il furbo autentico non soppesa benefici e danni. È un egocentrico puro: per lui gli altri non esistono. Al di fuori del cerchio familiare, il nulla. La furberia è al servizio della sua ristretta comunità . Talvolta i parenti sono persino complici, come emerge dagli scandali in cui sono coinvolti fratelli, figli, cognati, mogli, amanti e quant’altro. Con la sintesi fulminante di Paul Ginsborg, possiamo dire di essere passati dal familismo amorale al familismo immorale.
Il familista immorale è vulnerabile se si minaccia la sua aspirazione alla rispettosità . Bisogna quindi incutergli il timore di perderla.
Le ricerche sperimentali confermano la dicotomia tra le varie tipologie di furbizia, da quella temporanea a quella permanente. Nel laboratorio di Tolosa, insieme a dei colleghi, abbiamo presentato a studenti di economia dei problemi e abbiamo poi dato premi in denaro in funzione del numero di risposte esatte. Si potevano dare i premi in modo giusto e trasparente. Ma che cosa succedeva quando si proponeva a un concorrente di ottenere un premio imme-ritato, all’insaputa degli altri? In questo caso alcuni fanno calcoli, e approfittano furbescamente dell’occasione, soprattutto se il premio immeritato è interessante. I più, tuttavia, non si comportano così. Vogliono solo i soldi meritati, e non sono tentati da proposte anche molto allettanti. Abbiamo per fortuna delle persone che, al contrario di Ronnie, il prototipo del “nato furbo”, sono dei “nati onesti”.

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