Il Cairo chiede 3,8 miliardi di euro al Fmi

by Editore | 23 Agosto 2012 8:58

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«Le politiche degli organismi internazionali hanno impoverito gli egiziani e portato l’economia al collasso» – ha denunciato l’attivista, Haitham Mohamadeen. Dopo la visita di ieri al Cairo del direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, il primo ministro, Hesham Qandil, ha annunciato l’avvio di negoziati con l’organismo internazionale per un aumento del prestito che dovrebbe passare da 3,2 a 4,8 miliardi di dollari (3,8 miliardi di euro). «L’Egitto si trova di fronte a sfide considerevoli, incluso il bisogno di crescita economica e di ridurre la spesa pubblica» – ha detto Lagarde, a margine dell’incontro con le autorità  egiziane. Lagarde ha sottolineato due necessità  immediate: controlli sui piani finanziari di gestione del prestito e di ovviare all’assenza di un parlamento eletto. 
Nonostante la chiusura dell’Assemblea del popolo, imposta dalla Corte costituzionale con la sentenza dello scorso 14 giugno, la Costituente sta per concludere i suoi lavori. Secondo il ministro dei rapporti con il parlamento, Mohamed Mahsoub, una prima bozza di Costituzione dovrebbe essere pronta entro metà  settembre per indire un referendum popolare consultivo nel prossimo autunno. I lavori dei costituenti sono stati quanto mai celeri, ma ci sono almeno cinque temi oggetto di controversia. Il primo è l’articolo sui poteri della magistratura. Il ministro della giustizia, Ahmed Mekki, ha presentato un disegno di legge che mette il sistema giudiziario sotto il controllo del suo ministero. Secondo i giudici della Corte costituzionale si tratta di un tentativo di togliere «indipendenza» ai giudici e sottoporli al controllo dell’esecutivo. «La giurisprudenza egiziana prevede la separazione dei poteri esecutivo e giudiziario. E vogliamo mantenere le cose così come stanno» – ha dichiarato Mohammed Mahiuddin, esponente laico dell’Assemblea costituente. L’altro articolo che non è stato ancora approvato dalla Costituente egiziana riguarda le elezioni amministrative. In particolare, la controversia ha oggetto la nomina oppure l’elezione dei presidenti delle ragioni. Fino a questo momento sono stati il presidente della Repubblica o i militari a scegliere i governatori. Ma l’articolo più controverso della nuova Costituzione riguarda la legge islamica. I Fratelli musulmani vorrebbero che la sharia – e non «principi», come recita in modo generico la Costituzione vigente – sia annoverata tra le fonti di diritto.
D’altra parte, i Costituenti hanno discusso anche la nuova forma di governo. L’articolo non è stato ancora approvato, ma le componenti liberali si sono espresse a favore di un sistema semi-presidenziale. La Costituente si prepara anche a limitare i poteri dell’esercito e a sottoporre il budget militare al Consiglio nazionale di difesa, presieduto dal presidente della repubblica. Ma il timore di attivisti e politici indipendenti è che una nuova legge di emergenza, sul modello della norma in vigore per trent’anni durante il regime di Hosni Mubarak, possa di nuovo annullare i principi generali approvati nella nuova Costituzione.
Infine, anche l’ultimo tassello del team presidenziale sta per essere completato. Mohammed Morsy ha annunciato i nomi dei suoi vice: una donna, un copto e un salafita. A far parte dell’ufficio di presidenza, oltre al giudice Mahmoud Mikki, nominato due settimane fa, ci saranno Pakinam el-Sharkawy, docente di scienza politica all’Università  del Cairo e Samir Marcus. Quest’ultimo è un filosofo cristiano, esponente de «la terza corrente», movimento politico che unisce partiti liberali, di sinistra e annovera politici come Amr Moussa e Amr Hamzawi. L’ultimo dei quattro è Emad Abdel Ghafour, uno dei leader del partito salafita el-Nour (Luce).

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