by Editore | 1 Agosto 2012 7:23
La popolazione degli stati europei è costantemente sollecitata a venire in aiuto di coloro che stanno peggio, vittime di catastrofi naturali, o di guerre civili e internazionali, o dell’incuria dei loro dirigenti. Ma dove trovare delle ragioni per andare a soccorrere gli altri, e dunque accettare dei sacrifici?
Prima risposta suggerita: nella morale. La grande tesi delle religioni monoteiste, ripresa dalla maggioranza delle correnti filosofiche, è che la natura umana è cattiva: se l’uomo fosse subito virtuoso, a che pro caricarsi un dio? In quest’ottica, la morale è un’acquisizione tardiva e artificiale; il comportamento delle bestie è inevitabilmente bestiale, il progresso dell’umanità consiste nel distaccarci dalla nostra condizione animale. Senza costrizione, controllo, educazione, gli esseri umani si comportano da puri egoisti, come aggressori senza scrupoli, impegnati a lottare, nel corso della loro intera esistenza, per la conquista di un posto migliore.
Questa opposizione tra naturae morale, realtà e volontà , comporta un rischio: che rinunciamo a costruire una diga per frenare i nostri desideri e scegliamo invece di conformarci a ciò che la scienza ci insegna sulla natura del mondo. I difensori di questa opinione hanno creduto di trovare un solido appoggio nelle teorie di Darwin e dei suoi discepoli sull’evoluzione delle specie. Dato che, per migliorare la specie, i deboli e i “difettosi” vengono eliminati presso le altre specie animali, non dovremmo procedere allo stesso modo anche nel caso degli umani? Nei primi decenni del secolo XX, numerosi paesi occidentali (Stati Uniti, Canada, paesi scandinavi)
hanno già votato delle leggi eugeniste e proceduto a delle sterilizzazioni forzate. La Germania nazista ha adottato una politica di sterminio di individui e di razze ritenuti inferiori. Ai nostri giorni, trasferiamo gli stessi principi in altri campi: dato che la competizione dice la verità della vita, affermano i teorici del neoliberalismo, la società migliore è quella che lascia libero corso alla concorrenza e al mercato libero da ogni costrizione.
In realtà , la posizione di Darwin è molto più complessa. Rinunciando decisamente a qualsiasi idea di progetto divino e quindi anche di progresso, sia esso dovuto alla provvidenza o alla storia, egli insiste sul fatto che la differenza tra gli animali e gli uomini è di grado, non di natura. Anche le basi della morale si ritrovano già presso le altre specie. E, da qualche decennio, dei lavori pionieristici condotti dai primatologi, da specialisti della preistoria o da antropologi che lavorano su popolazioni di cacciatori-raccoglitori hanno constatato la presenza, dalle origini della specie umana, di atteggiamenti di compassione e di cooperazione, senza i quali i nostri antenati non sarebbero riusciti a sopravvivere.
Allo stesso tempo, basta guardarsi intorno per constatare che i rapporti umani non si reggono solo sulla cooperazione generosa. La natura non ci impone la guerra di tutti contro tutti, ma nemmeno la benevolenza sistematica. Il buon selvaggio è tanto immaginario
quanto il cattivo selvaggio. Bisogna ammettere che questi due tipi di comportamento trovano origine nella nostra natura animale, ma che il predominio dell’uno o dell’altro dipende dalle circostanze. L’errore consiste, innanzi tutto, nell’ignorarne uno a detrimento dell’altro. È come nell’eterna disputa tra innato e acquisito, donato e voluto: attenersi a uno dei termini escludendo l’altro può comportare delle conseguenze disastrose. Alla riduzione degli individui alla loro eredità biologica presso i nazisti, corrisponde presso i bolscevichi la convinzione che la volontà non trovi alcun limite e che, sia con le piante che con gli uomini, possiamo sempre ottenere il risultato voluto. È così che la Russia si è coperta di una rete di campi che avrebbero dovuto assicurare la rieducazione del popolo.
Le reazioni morali di compassione e di cooperazione dipendono in particolare da tre variabili: il grado di prossimità tra il benefattore e il beneficiario; il posto che occupa la vittima nella scala del potere; la gravità del disastro. L’aiuto reciproco va da sé tra membri intimi di una famiglia, è scritto nella legge tra concittadini (solidarietà nei confronti degli anziani e dei malati), è presente ma problematico tra le nazioni dell’Unione Europea; e, per quanto riguarda il resto dell’umanità , è presente solo nel caso di un’immensa sventura, tsunami o genocidio, o di vittime impotenti, come i bambini. D’altro canto, la caduta di chi era potente, lungi dal provocare la compassione, suscita nella maggior parte di noi una sorta di godimento, come se l’ordine del mondo fosse stato ristabilito. Gli uomini-formica non hanno compassione per le disgrazie degli uomini-cicala, ritenuti responsabili del loro destino.
L’appello alla morale naturale non sempre è sufficiente per superare il nostro egoismo. La ragione può intervenire a sua volta, dimostrandoci che seguire solo i nostri interessi immediati ci impedisce di favorire i nostri interessi a lungo termine. Il puro egoismo distrugge gli altri intorno a noi, ma la nostra felicità dipende da loro: abbiamo bisogno di essere amati e di amare a nostra volta.
(Traduzione di Luis E. Moriones)
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