Fiat, senza Chrysler rosso di 246 milioni
TORINO — La Fiat chiude il secondo trimestre con un utile di 358 milioni e la Borsa la punisce. Piazzaffari non considera quello del Lingotto un gruppo unico ma attribuisce maggiore importanza alle difficoltà europee (i 246 milioni di perdita del gruppo Fiat) rispetto agli indubbi successi americani (i 604 milioni di utile della Chrysler). Il titolo scende dunque del 5 per cento nonostante il segno più sui conti. Quando a fine pomeriggio inizia l’incontro con gli analisti, Sergio Marchionne conosce già questa reazione della Borsa e comincia volutamente il suo discorso tentando di mettere ordine: «Abbiamo concluso un buon trimestre per Fiat anche se non sarebbe stato lo stesso senza Chrysler». Basta osservare la divisione dei conti per aree geografiche per capire i motivi della diffidenza della Borsa. L’utile della gestione ordinaria è stato nel trimestre di un miliardo di euro. Ma è una somma algebrica. Perché il Nordamerica contribuisce con 717 milioni, il Sudamerica con 238, le auto di lusso con 104 e le componenti e sistemi di produzione con 47. Cresce anche il mercato asiatico (64 milioni), fino ad alcuni anni fa il vero punto debole del gruppo. Crolla invece l’Europa che perde 138 milioni nella gestione ordinaria, una vera palla al piede. Tirando le somme, ogni 100 euro di utile, 71 arrivano dalla Chrysler. Una situazione evidentemente sbilanciata che ha fatto salire i dubbi della Borsa. La domanda è: fino a quando Detroit riuscirà a salvare il soldato Fiat? Marchionne è ben consapevole di questo problema. Un analista tedesco (dalla Germania arrivano sempre le spine in questi ultimi tempi) gli ha chiesto se aveva una soluzione per risolvere il problema della sovracapacità produttiva. L’ad ha risposto quel che va dicendo negli ultimi mesi: che sarebbe meglio se tutti i costruttori trovassero una soluzione comune. Ma così non sarà e quello della sovracapacità «è un problema complesso e purtroppo i numeri sono numeri». Così Marchionne annuncia una nuova rivoluzione: il 30 ottobre, in occasione della presentazione dei dati del terzo trimestre, si definirà nuovamente il quadro delle produzioni previste per gli stabilimenti italiani. Archiviato l’obiettivo di produrre 1,4 milioni di auto nel 2014, quello contenuto nel piano Fabbrica Italia presentato due anni fa, si tratta di stabilire come utilizzare i quattro stabilimenti italiani rimasti e se utilizzarli tutti. «Investire oggi su una nuova Punto non sarebbe remunerativo » , dice l’ad creando non poche apprensioni a Melfi dove si costruisce l’utilitaria più importante della gamma. Dovrebbero essere confermati gli investimenti per la nuova Maserati a Grugliasco (To) e per il suv di Mirafiori (anche se continuano a ricorrersi voci, sempre smentite, su un congelamento del progetto).
Più difficile capire il futuro di Cassino. Il 30 ottobre si conoscerà dunque qual è il famoso «piano B» di Marchionne per far fronte alla crisi della vecchia Europa
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