Facebook, il futuro è sul cellulare ma altre ombre sulla quotazione
Debutto sul listino che continua a creare problemi: ieri il Wall street journal ha messo sotto accusa la banca d’affari Morgan Stanley che ne ha curato l’Ipo, oltre 3 miliardi di azioni sono nei fondi d’investimento gestiti dalla stessa Morgan. Un’esposizione sproporzionata se si considera che l’intero collocamento ne ha fruttati 16. Quindi le vittime del crollo sono i risparmiatori che avevano sottoscritto quei fondi, mentre Morgan Stanley ha incassato 200 milioni per il successo della quotazione.
Ma non è il conflitto d’interessi il “male oscuro” che minaccia la creatura di Mark Zuckerberg. Facebook nacque quando la maggioranza degli utenti navigavano con il personal computer. In pochi anni si è prodotta una trasmigrazione di massa, che sembra irreversibile. Lo strumento principe è diventato il cellulare. Questa transizione
mette in crisi il modello di business su cui nacque Facebook, così come altri colossi della Silicon Valley tra cui Google. Il grande vincitore in questa fase è Apple: beneficiata dall’intuizione di Steve Jobs che lanciò l’iPhone.
Il cantiere che si è aperto qui in California, a Menlo Park (quartier generale di Facebook) come a Mountain View (sede di Google) è la riconversione di questi modelli per adattarli all’era del cellulare. Non si tratta di una semplice operazione di re-styling grafico. Il problema è un altro, non diverso da quello che investe i giornali. Facebook e Google ottengono la massima parte del proprio fatturato dalla pubblicità . Ma le inserzioni, rimpicciolite a misura del display di uno smartphone, sono tutt’altra cosa. Da una parte gli inserzionisti – almeno finora – esigono di pagare tariffe più basse. D’altra parte lo stesso formato ridotto rende la pubblicità più invasiva e rischia di esasperare l’utente. Proprio qui l’altroieri dal quartier generale di Facebook è partita la controffensiva. Il social network di Zuckerberg ha lanciato giovedì le nuove versioni delle sue applicazioni per l’iPhone e l’iPad, formati studiati apposta per il telefonino di Apple e per il lettore digitale o tablet. Le nuove app sono più veloci, perché sono state progettate ex novo usando fin dall’origine lo stesso software e lo stesso linguaggio originario dei prodotti Apple, mentre le versioni precedenti erano derivate da una tecnologia nata per i computer. Lo slogan che rimbomba nella sede di Menlo Park, è che Facebook si sta trasformando in un’azienda mobile first, cioè pensata prima di tutto per il cellulare. E’ una trasformazione genetica. Sembra incredibile per un’azienda così giovane, ma una parte dei suoi “cervelli” sono già in qualche modo obsoleti rispetto ai tempi fulminei del cambiamento nella Silicon Valley. Zuckerberg ha impartito direttive stringenti: 20 ingegneri alla volta, ogni settimana, devono sottoporsi a una sorta di “rieducazione”, con corsi intensivi che li istruiscono su come programmare sugli smartphone.
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