Estate 2012, fuga dai porti italiani e la nuova tassa sugli yacht fa flop

by Editore | 25 Agosto 2012 9:09

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ROMA â€” Gli esperti del settore parlano di tracollo, esodo, stagione buttata. Sul banco degli imputati, la crisi. Ma anche la tassa sul lusso, targata Monti. Risultato: la nautica è in ginocchio. Oltre 20 mila addetti persi in due anni, ben 2,5 miliardi in meno di fatturato dal 2008, dimezzato a poco più di 3 miliardi quest’anno, garantiti per i tre quarti dall’export. E ora il colpo finale. Meno stranieri, soprattutto arabi e russi nelle acque e nei porti più rinomati del Belpaese. E gli italiani tartassati dai controlli. Eppure a guardare dentro le cifre, il balzello sugli scafi — prima tassa sullo stazionamento nel Salva- Italia, poi diventata sul possesso nel decreto liberalizzazioni — si è rivelato un vero e proprio flop. Alla scadenza del versamento, il 31 maggio scorso, lo Stato ha incassato appena 23,5 milioni sui 115 attesi. Un misero 15%. Evasione o elusione?
«La tassa è giusta», chiarisce subito Anton Francesco Albertoni, presidente di Ucina Confindustria nautica. «In un momento di crisi nera è giusto contribuire. Ma dal maledetto caso di Briatore in poi, tutto il comparto ha subito un tale danno di immagine che ora siamo arrivati alla caccia all’untore. L’equazione diportista uguale evasore è follia pura». Eppure la tassa è stata largamente schivata. «Ritengo che il gettito atteso fosse sovrastimato», incalza Fulvio Luise, presidente di Federagenti Yacht. «I grandi yacht, sopra i 24 metri, registrati in Italia sono solo 260. La maggior parte delle utenze è dunque di matrice straniera, non sottoposta a tassazione alcuna. La flotta italiana che nei 4-5 mesi della stagione estiva solca le nostre acque è perciò per lo più transitoria, 1.000-1.200 natanti, e quasi interamente estera». Allora perché parliamo di fuga dai porti? «All’inizio la tassa Monti, così come varata nel dicembre scorso, era sullo stazionamento. Nei primi mesi dell’anno sono fioccate le disdette. Il 40% degli stanziali, intimoriti, ha spostato le barche in Croazia, Montenegro, Albania, Francia. Un effetto devastante », racconta ancora Luise.
Ma poi la tassa è diventata sul possesso. Colpisce solo i residenti in Italia e riguarda le barche sopra i dieci metri, escludendo quelle immatricolate di fresco, da un anno appena. Va dagli 80 ai 25 mila euro l’anno, per i natanti oltre i 64 metri. Ed è dovuta dagli italiani proprietari e anche da quelli che hanno noleggiato
per un periodo (e che pagheranno solo per quello), anche se la barca è di un privato o una società  estera. Dov’è lo scandalo? «Nessuno scandalo. Ma il balletto tra tassa sullo stazionamento, poi diventata sul possesso è responsabile dei due terzi del tracollo del fatturato di porti e approdi turistici», si lamenta Roberto Perocchio, presidente di Assomarinas, associazione che rappresenta gli 87 porti turistici italiani di maggiori dimensioni. «Solo nel 2012 la spesa nei porti si è ridotta di 7-800 milioni, tra ormeggi, manutenzioni ed entrate per i territori, ovvero intrattenimento, shopping, trasporti e altro. La tassa non ha di certo aiutato l’economia costiera, ecco». Così come, a quanto pare, l’infittirsi dei controlli in mare. «Alcune barche sono state controllate anche 6-7 volte quest’estate. E questo perché le verifiche non sono coordinate e vengono gestite da 7 soggetti diversi: finanzieri, carabinieri, polizia, guardia costiera, forestali, vigili urbani e persino polizia penitenziaria. Un caos», incalza Albertoni. «Meglio sarebbe istituire un registro unico per le immatricolazioni che in Italia non esiste. Un paradosso che favorisce l’evasione e fa scappare gli onesti».

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