Droga, Riccardi apre a un dibattito sul protezionismo

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Un documento molto atteso, e già  più volte rimandato, che dovrebbe descrivere la situazione della tossicodipendenza in Italia: uno strumento indispensabile per calibrare politiche efficaci in un campo dove troppo spesso prevalgono le contrapposte ideologie.

Alcune cifre, come riportate dall’agenzia Ansa. I consumi di droga in Italia continuano ad essere in calo anche se si riscontra una “lieve tendenza all’aumento” tra gli studenti per la cannabis, insieme ad altri comportamenti dei giovani (studenti 15-19 anni) che “meritano attenzione” come l’abuso di alcol o il gioco patologico. Nel nostro paese, comunque, si stima ci siano circa 2,3 milioni di consumatori di sostanze stupefacenti, occasionali e non nella fascia età  15-64 anni (indagine condotta su un campione rappresentativo di 18 mila persone) e tra l’1,2 e il 3% di persone affette da Gioco d’Azzardo Patologico, cioè malati di una dipendenza comportamentale.

Per la cannabis, si riscontra una “lieve tendenza all’aumento tra la popolazione studentesca; sempre tra i giovani, si assiste ad una ripresa dei consumi di stimolanti, mentre i consumi di cocaina e allucinogeni presentano un trend in diminuzione”.

Eroina. Per l’eroina si nota, “in generale, una diminuzione dei consumi; tuttavia preoccupa la stabilità  dell’assunzione di tale micidiale droga da parte degli studenti dell’Italia meridionale e insulare e della popolazione femminile. La contrazione dei consumi, inoltre, sembra essere accompagnata da un aumento della frequenza di assunzione tra gli studenti che hanno provato eroina negli ultimi trenta giorni. Analogo discorso si può fare per la cocaina, tenuto conto che in una parte della popolazione giovanile, 16-17enni, non si è potuto registrare alcun decremento”.

Criticità  per i servizi per tossicodipendenze. “L’età  media dei nuovi utenti (di coloro cioé che per la prima volta si rivolgono ai servizi) è di 31,6 anni, con un incremento del periodo di tempo fuori trattamento – e dei rischi che ne conseguono – e un arrivo sempre più tardivo alle strutture socio-sanitarie”. Inoltre, “rispetto al 2010, si registra la chiusura di 26 strutture socio-riabilitative”. Secondo il ministro, “si assiste ad una tendenza, ormai pluriennale, a non sottoporre gli utenti in trattamento presso i servizi per le tossicodipendenze (SERT) ai test per le principali patologie infettive correlate (AIDS ed epatiti B e C); si riscontra un bassissimo utilizzo della possibilità , prevista dalla legge, di affidamento in prova dei detenuti tossicodipendenti al servizio sociale, per proseguire o intraprendere attività  terapeutica”.

Fin qui i dati. Nel commentarli il ministro ha fatto importanti e innovative dichiarazioni, tra cui spicca quella relativa alla modifica della ferrea politica proibizionista dei governi precedenti: “Non intendo sottrarmi al dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere. L’argomento, per la sua estrema delicatezza e le sue molteplici e rilevantissime implicazioni, richiede di essere affrontato nelle competenti sedi istituzionali, con i tempi necessari a un confronto ricco ed articolato che certo non può realizzarsi nel breve periodo di governo che mi è stato affidato”.

Subito sono piovute le reazioni, ovviamente di segno diametralmente opposto a seconda della matrice culturale di provenienza. Tuona la comunità  di San Patrignano: “I danni provocati dalla cannabis sono stati ormai dimostrati da numerose ricerche, alcune delle quali citate addirittura nelle pagine successive della relazione al parlamento introdotta dallo stesso Ministro”. La comunità  invece propone “di abbandonare ogni tentazione di tornare agli sterili e pericolosi dibattiti sulla legalizzazione per concentrarci sui temi più fruttuosi della prevenzione, della precocità  dell’intervento finalizzata alla riduzione della cronicizzazione e della facilitazione dell’accesso alle misure alternative al carcere per i detenuti tossicodipendenti”.

Poteva mancare l’ex sottosegretario Giovanardi? Ovviamente no: “È davvero singolare che nelle settimane successive al documento sottoscritto dai 18 presidenti delle più importanti società  scientifiche italiane sugli effetti tossici e pericolosi per l’organismo della cannabis, il ministro Riccardi dichiari di «non volersi sottrarre al dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere»”. “Purtroppo – continua – l’attività  di educazione, prevenzione ed informazione, specialmente rivolta ai giovani, viene depotenziata e contraddetta da chi nega o sottovaluta i danni della Cannabis, o peggio immagina che quello della legalizzazione possa essere un tema per coagulare ideologicamente la sinistra nella prossima campagna elettorale”.

Sul fronte opposto i Radicali, da sempre antiproibizionisti, che imputano a Riccardi di non aver convocato la Conferenza Nazionale sulla droga né di aver organizzato altre iniziative: “Era così complicato e costoso pensare, per esempio, ad una giornata di studio con scienziati ed esperti? Oppure ad un dibattito in Parlamento, almeno nelle Commissioni competenti? Anche perché il confronto ricco e articolato di cui scrive Riccardi, non è che si apre ora. È in corso da anni, in tutto il mondo. E negli ultimi tempi è stato molto vivace, soprattutto in America latina, dove gli effetti delle politiche repressive manifestano ormai con inaudita violenza (si pensi alla Colombia prima ed ora al Messico) tutte le loro nefaste conseguenze. Da più parti si moltiplicano autorevoli studi e ricerche che invitano a riconsiderare le politiche in atto. Il dibattito è in corso anche negli Stati Uniti, dove la legalizzazione della cannabis, e non solo per uso medico, è oggetto di proposte di legalizzazione”.

Alla fine sembrano prevalere le parole, spesso distanti dall’impegno quotidiano di chi affronta sul campo questioni che riguardano la vita stessa di molte persone. Ci ritroviamo invece nella valutazione della Fict-Federazione italiana comunità  terapeutiche. “Saranno in calo i consumatori di sostanze, ma io sostengo che sono in calo quelli che chiedono aiuto ai servizi per le dipendenze e che i commercianti di droga e i canali di distribuzione sembrano in aumento”, afferma don Mimmo Battaglia,presidente di Fict. “Quanto la diminuzione degli utenti in trattamento può dipendere dallo stress che stanno subendo i servizi delle dipendenze”, chiede la Fict. “Non è chiaro se ciò che sta accadendo è frutto di una strategia politica o semplicemente il risultato di una assenza di pensiero politico, ma non solo le comunità  del privato chiudono ma anche gli operatori dei servizi pubblici soffrono della loro «solitudine» operativa, sempre più arroccati sulla necessità  di parlare di risorse economiche limitate piuttosto che di trattamenti possibili da mettere in campo.

È molto probabile che se continuiamo a concentrarci sui trattamenti erogati dai Sert e non pensiamo a strategie di maggior accesso ai servizi ( tra cui anche quelli della riduzione del danno) sarà  chiaro che sempre maggiori risorse saranno investite in trattamenti per persone con problemi non solo di dipendenza ma con problemi di salute e di disagio sociale – conclude don Battaglia-. La vera forza del rapporto tra pubblico e privato non si basa sul fattore di chi ha il potere di controllare ma si sviluppa soprattutto grazie alla capacità  di favorire la diversità  degli approcci e delle porte d’acceso al sistema dei servizi. E nonostante le crisi ed i tagli, le Comunità  Terapeutiche continuano a fare riduzione del danno, a dare accoglienza, presenti sul territorio facendo leva anche sulla gratuità  del volontariato”.


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