Dalla transumanza alla rivoluzione I pastori pronti a catalizzare le lotte

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I minatori della Carbosulcis e gli operai dell’Alcoa, impegnati in questi giorni in una dura lotta per la sopravvivenza, incassano il sostegno dell’Mps che, insieme ai movimenti degli artigiani, dei commercianti, dei No debito e No Equitalia, degli studenti e degli autotrasportatori, sta dando vita alla Consulta rivoluzionaria. «Il nostro progetto è aperto a tutte le categorie, compresi minatori e operai, – ha spiegato Floris – poiché bisogna fare una battaglia comune in una sorta di sollevazione popolare, con nuovi soggetti slegati dai partiti politici e dai sindacati che non fanno più gli interessi dei sardi». L’unica porta aperta alla politica riguarda i movimenti e i partiti autonomisti o indipendentisti, che tuttavia devono seguire le linee che si darà  la consulta «senza pretese egemoniche». Tutti sullo stesso piano e ognuno padrone in casa propria a seconda del settore di provenienza, ma una linea comune, condivisa e solidale nel momento della protesta. «La Consulta rivoluzionaria sarà  un movimento antisistema che non ha niente a che vedere con altri soggetti simili come i grillini del 5 stelle – ha precisato Floris – poiché le differenze sono abissali; a noi non interessa tanto il tema del malcostume della politica, bensì vogliamo riportare le masse produttive sarde a una realtà  nuova verso un riscatto sociale». Una battaglia a tutto campo nel mondo del lavoro quindi, andando oltre le vecchie strutture di appartenenza politica di destra o sinistra, lottando sotto un’unica bandiera. «La situazione economica in Sardegna è gravissima e molte persone hanno seri problemi di sopravvivenza. C’è chi ancora ha il coraggio di lottare e chi purtroppo ha perso anche il sogno di poter contrastare questa crisi, cadendo nella depressione e rinchiudendosi nel privato. Uno dei primi obiettivi della Consulta rivoluzionaria sarà  proprio quello di coinvolgere e dare una nuova speranza all’intera isola». Nessuna voglia di scendere in politica, ha precisato Floris sorridendo, «se l’impegno che stiamo mettendo in campo darà  vita nel futuro a un nuovo soggetto politico assicuro già  da adesso che i leader o le persone di punta delle varie categorie lasceranno spazio a nuove figure: noi anziani combattenti vigileremo affinché eventuali rappresentanti non vengano risucchiati nel vortice della malapolitica». La solidarietà  dei pastori per i minatori e gli operai del Sulcis ha radici antichissime. I pastori barbaricini da alcuni secoli hanno costruito un rapporto economico singolare con i minatori che acquistavano i prodotti caseari. «Erano gli unici che avevano i soldi per comprare – spiega Floris – e nel vai e vieni dei pastori dalla Barbagia verso il Sulcis, fra transumanze e mercati dei formaggi , molti di noi si sono trasferiti in quei territori, prima con le greggi e poi con le famiglie». Due anni fa a occupare le prime pagine dei giornali nazionali c’erano le lotte dei pastori e oggi tocca a minatori e operai. La situazione delle campagne non è comunque migliorata, anzi sono numerose le aziende all’asta e in qualche caso qualche pastore si è anche tolto la vita, perché non riusciva più a sostenere i debiti. «La politica ha tradito noi pastori e alla fine non ha risolto alcun problema – ha chiuso Floris – ecco perché oggi più che mai siamo al fianco dei combattenti del Sulcis, perché se perdono questa battaglia tutto il territorio, e poi anche il resto della Sardegna, cadranno in una condizione di miseria economica e sociale difficile da gestire. Fra fine settembre e fine ottobre manifesteremo a Cagliari tutti uniti”.


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Tanti precari, un solo sogno: “Una vita normale”

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Quanti sono? Quindicimila, ventimila, diecimila? Sono comunque troppi perché ognuno di loro ne rappresenta altri dieci, cento, mille e tutti insieme sono il popolo dei precari, gente a cui è stato tolto il futuro, trasparenti fino a ieri, assenti dai Tg1 di Minzolini, dai Tg4 di Emilio Fede, dalle cronache dei giornali di regime. Non importa quanti sono, importa che finalmente siano qui per farsi sentire e raccontarci chi sono. Rappresentano quella parte sofferente che ha deciso che no, adesso basta, «il nostro tempo è adesso e siamo qui per prendercelo ». Per questo mandano in scena la loro «Street parade», «prima tappa di un lungo percorso».

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