Dal Colle risponde uno squillo
Sono le sette di sera quando Gianni Letta, precipitatosi al Quirinale per esprimere la sua «personale solidarietà » a Giorgio Napolitano, diffonde una nota nella quale si dichiara «rispettoso delle istituzioni e fedele al senso dello Stato», e sottolinea di aver anche voluto smentire «certe ricostruzioni arbitrarie e ingiuste, comunque assolutamente lontane dalla verità ». Il riferimento è al ruolo del Cavaliere nella vicenda, viste anche le voci su un Berlusconi determinato a ottenere il voto anticipato. Con l’iniziativa inconsueta (rarissime le note da lui diffuse), l’ex sottosegretario alla presidenza del consiglio cerca dunque di correre ai ripari. Il presunto «scoop» di Panaroma, che riporta molto sommariamente quanto il capo dello stato avrebbe detto nelle telefonate con Nicola Mancino (conversazioni intercettate e oggetto di un conflitto di attribuzione con la procura di Palermo aperto dalla stessa presidenza della repubblica) finisce nelle edicole, amplificato dai giornali che riportano (ognuno a suo modo) le anticipazioni del giorno precedente. Si riferisce di giudizi poco lusinghieri che il presidente avrebbe pronunciato nei confronti di Berlusconi, di «parte della magistratura inquirente di Palermo», e del leader dell’Idv Di Pietro. Il settimanale titola sul «ricatto al presidente» e parla di tentativo da parte dei «giustizialisti di destabilizzare il capo dello stato». Ma Napolitano si sente tutt’altro che difeso e anzi sempre più accerchiato. E a questo punto verga su un comunicato il suo ‘non ci sto’: «La campagna di insinuazioni e sospetti nei confronti del presidente della repubblica ha raggiunto un nuovo apice con il clamoroso tentativo di alcuni periodici e quotidiani di spacciare come veritiere alcune presunte ricostruzioni delle conversazioni» con Mancino. «Alle tante manipolazioni si aggiungono, così, autentici falsi», è la denuncia del Colle. Poi difende il suo ricorso alla Consulta: «Quel che sta avvenendo conferma l’assoluta obbiettività e correttezza» di quella decisione. E conclude: «Risibile è la pretesa, da qualsiasi parte provenga, di poter ricattare il capo dello stato» e «a chiunque abbia a cuore la difesa del corretto svolgimento della vita democratica, spetta respingere ogni torbida manovra destabilizzante». Di «tentativo di destabilizzare il paese» parla anche Mario Monti che, dopo gli interventi allarmati delle ministre degli interni e della giustizia, Cancellieri e Severino, diffonde a sua volta una nota: «Il Paese saprà reagire a difesa dei valori costituzionali incarnati in modo esemplare dal presidente Napolitano». Alla chiamata alle armi del Colle nel pomeriggio avevano risposto anche i presidenti di camera e senato, Fini e Schifani, a loro volta invitando a «un messaggio di responsabilità che deve coinvolgere tutti». Sul caso Il fatto interpella anche Mancino, che ribatte: «Non sono io che devo dire se corrisponde al vero o non corrisponde al vero quanto detto da Panorama. Gli atti dovrebbero essere segretati e non si capisce chi ne ha violato la segretezza», dice e forse non si accorge che così avvalora quanto scrive il settimanale. Senza esitazioni difende il Colle il Pd e lo fa anche il pm palermitano Antonio Ingroia. Mentre il leader dell’Idv Di Pietro chiede a Napolitano di rinunciare al conflitto di attribuzione e di rendere note le telefonate oggetto della bufera per stoppare i veleni. Tutti intervengono pubblicamente. Ma non Berlusconi. Si dice abbia fatto riferire da Letta a Napolitano la sua estraneità all’operazione del settimanale di famiglia. Ma Letta avrebbe piuttosto descritto a Napolitano un Berslusconi più o meno ostaggio dei «falchi» del Pdl. In ogni caso, al segretario Angelino Alfano l’ex premier affida il compito di porre l’accento più che sulla solidarietà al capo dello stato, sulle telefonate: «Siamo stati contro ogni abuso delle intercettazioni e della loro pubblicazione quando a subirle è stato Berlusconi. E per questo abbiamo proposto una legge che le regolasse». Quindi, «la pensiamo allo stesso modo oggi che a subire gli abusi è il presidente della repubblica». E quasi tutto il Pdl batte su questo tasto. Il partito va in ordine sparso, stavolta forse irrimediabilmente. Il più schierato con il Colle è Maurizio Lupi: «Quanto accade è al limite del golpe». Daniela Santanché arriva a sostenere che Napolitano dovrebbe ridare l’incarico al Cavaliere. Tra falchi e colombe, Cicchitto e Frattini stanno con le seconde. Ma Sandro Bondi si schiera con i primi. E l’ex premier evita appunto di prendere le distanze dal suo Panorama. Trapela anche che Berlusconi avrebbe invitato i suoi a non essere troppo deferenti con Napolitano, e che in ogni caso si aspetta di trarre un qualche vantaggio dalla vicenda, con un giro di vite sulle intercettazioni e in generale sul capitolo giustizia. Un vero azzardo, per come si sono messe le cose. Ma su quello che abbia davvero in mente il Cavaliere, ancora una volta nessuno scommette.
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