Conti pubblici, Monti cerca la sponda Ue
BRUXELLES — Un caffè «informale» e, vista l’ora, leggero. Ma, questo è l’obiettivo, con un qualche sapore politico. Ieri, alle 10 di sera, il premier Mario Monti, accompagnato dal ministro per gli Affari europei Enzo Moavero, si è visto con il presidente della Commissione europea José Manuel Durao Barroso. Un’ora e mezza di colloquio scandita da tre argomenti principali: l’unione bancaria, le regole di bilancio fissate dal «fiscal compact», le possibili modifiche dei Trattati europei. La stessa agenda che verrà riaperta oggi a Berlino, dove Monti è atteso dalla cancelliera Angela Merkel.
Negli ultimi dieci giorni abbiamo visto i leader di Germania e Francia dialogare fra loro e con il premier greco Antonis Samaras, saltando sistematicamente la Commissione. E non solo perché Barroso era in ferie.
Il presidente del collegio di Bruxelles non aveva particolari necessità di parlare con Monti: in questo momento le urgenze si chiamano Grecia e Spagna. È stato il presidente del Consiglio italiano a prendere l’iniziativa. Monti vuole ripartire proprio da Bruxelles, da ciò che resta dello «spirito comunitario»: si discute con tutti e per le decisioni si fa perno sulle istituzioni europee. L’esatto contrario di quello che sembrano avere in mente Franà§ois Hollande e Merkel. L’incontro con Barroso, dunque, non va derubricato a «scalo tecnico» (Monti ha ancora casa a Bruxelles) sulla via di Berlino. Va visto, invece, come un tentativo di tenere largo il consenso sull’operato del governo italiano e di evitare le due insidie sempre vive: restare stritolati dal rinnovato patto franco-tedesco o, ancora peggio, essere costretti ad affidarsi in toto alla benevolenza della Germania. Ieri, per altro, Merkel ha concesso un saggio di iper attivismo non richiesto. Prima si è mostrata affranta per la sorte dei greci: «Mi sanguina il cuore quando penso ai loro sacrifici». Poi ha annunciato che domani, nel corso della visita a Pechino, chiederà al governo cinese «di comprare bond spagnoli e italiani, visti i tassi di interesse convenienti».
Se queste sono le premesse, è chiaro che l’incontro di oggi a Berlino sarà tutt’altro che semplice. Il presidente del Consiglio italiano arriverà per gradi al tema cruciale del piano anti-spread, cui sta lavorando il presidente della Bce Mario Draghi, vale a dire l’intervento sul mercato dei titoli pubblici per ridurre la differenza di rendimento tra buoni italiani e bund tedeschi. Si partirà invece da una ricognizione sulle liberalizzazioni e sul rafforzamento del mercato unico, facendo leva sul documento messo a punto da Moavero Milanesi e dal consigliere diplomatico della Cancelliera Nikolaus Meyer-Landrut. Dopodiché Monti scorrerà la lista testata con Barroso come in una sorta di prova generale. Primo punto: l’unione bancaria europea, che significa soprattutto vigilanza sugli istituti di credito affidata alla Bce e garanzia unica europea per i depositi bancari. Secondo: verificare se ci sono margini di flessibilità nell’applicazione della nuova disciplina di bilancio fissata nel «fiscal compact». Anche qui difficile che la Merkel sia disponibile a concedere qualche margine in più, specie nei vincoli di rientro per debito e deficit. Ma, forse, c’è spazio per posticipare l’entrata in vigore fissata per il momento al 1° gennaio 2013, a condizione che almeno 12 Paesi lo abbiano ratificato. Infine le modifiche ai Trattati, ormai apertamente pretese dalla leader tedesca. Monti dirà di essere disponibile a cambiare la normativa: meglio sarebbe farlo senza toccare, o toccando il meno possibile i Trattati (e su questo ieri ha registrato il consenso di Barroso). Ma se fosse necessario cambiare radicalmente i testi, l’Italia non si metterà di traverso. E del resto, oggettivamente, non avrebbe la forza per farlo.
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