Consumi, la crisi ci riporta al dopoguerra

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Sarà  anche vero, come ha detto tre giorni fa il premier Mario Monti, che «la fine del tunnel si avvicina», ma per chi ha la ventura di trovarsi in fondo al convoglio non solo la luce ancora non si vede, ma i morsi della crisi si fanno sempre più duri. Basterebbe fare il solito giro tra negozi affollati solo da commessi per rendersene conto, ma un’ulteriore conferma è arrivata dal rapporto sulle economie territoriali e il terziario di mercato presentato ieri da Confcommercio. La lettura non è certo di quelle estive che rilassano. Non solo consumiamo sempre di meno, ma nell’ansia di risparmiare sono diminuiti anche gli acquisti di generi alimentari e le previsioni per il 2012 fatte dall’associazione dicono che il ribasso dei consumi delle famiglie sarà  pari al 2,8%. «Il calo più forte almeno dal dopoguerra» denuncia Confcommercio, secondo la quale per trovare un calo peggiore di quello attuale bisogna risalire indietro nel tempo fino agli anni Trenta.
Sarà  anche vero, come dice sempre Monti, che sono i mercati a non capire gli sforzi che stiamo facendo, ma restare a galla in questa Estate italiana del 2012 è davvero sempre più difficile. Tanto più se il tuo stipendio reale viene decurtato senza pietà . «La storia recente ci dice che il reddito reale pro capite degli italiani è calato di circa 1.800 euro tra il 2002 e il 2012 (-9,8% reale a testa)», prosegue Confcommercio. Una perdita di valore che, secondo l’ufficio studi dell’associazione, sarà  impossibile recuperare anche nel 2013. Come al solito c’è chi sta peggio, in questo caso le regioni maggiormente penalizzate sono il Piemonte, Valle D’Aosta, Emilia Romagna e Umbria che non riusciranno a tornare ai livelli che avevano addirittura 17 anni fa, nel 1995. Per una volta in controtendenza le regioni meridionali che, sempre nel paragone con gli anni ’90, sembrano avere «una performance migliore. Ma attenzione a non farsi ingannare: il risultato migliore è possibile, spiega Confcommercio, solo perché «da dieci anni a questa parte è ricominciato il fenomeno delle migrazioni da sud a nord stile anni ’50». Insomma il reddito pro capite al Sud sembra più appetibile solo a causa «dell’effetto spopolamento».
Cifre drammatiche, che lasciano ben poco spazio alla speranza. Si taglia su tutto, generi di prima necessità  compresi, come confermano i dati diffusi ieri da Ferderalimentare secondo i quali nei primi cinque mesi dell’anno le vendite alimentari sono scese di ben 2 punti percentuali rispetto al 2011. Un risparmio che – questa volta la fonte è Coldiretti – si abbatte ovviamente anche i piccoli piaceri del palato, dalle caramelle, le cui vendite sono calate del 6%, ai liquori (-3%) «In questa situazione – ha spiegato il presidente di Ferderalimentare Filippo Ferrua – il governo deve individuare al più presto gli strumenti per rilanciare il potere d’acquisto delle famiglie attraverso questo, con il volano del credito alle imprese, far ripartire il motore del Paese».
Ma come si esce da questa situazione di emergenza? La ricetta proposta ieri dal presidente di Confcommercio Carlo Sangalli fa leva su due punti: «con una spending review senza timidezze e con una riduzione della pressione fiscale. «La riforma fiscale resta prioritaria, con due obiettivi – ha spiegato Sangalli -: quello della semplificazione e quello della riduzione della pressione fiscale ce per i contribuenti in regola raggiunge ormai il 55%».
Dati poco confortanti alla mano, il Codacons lancia una proposta a Monti. Per l’associazione di consumatori i dati forniti da Confcommercio dimostrano che «ormai tutti, salvo il governo, si rendono conto che anche il ceto medio fatica ad arrivare alla fine del mese. Il crollo dei consumi è cominciato nel 2007 – ha ricordato l’associazione – e da allora la discesa è stata inarrestabile, anche se la caduta maggiore è stata nel biennio 2008-2009». Da quei la proposta al premier: «Lo Stato dia un buono pasto ai ceti medi meno abbienti. le mense della Caritas e delle altre associazioni di volontariato, un tempo popolate solo da senzatetto, ora hanno impiegati e operai in coda». Un servizio di assistenza, conclude il Codacons nel motivare la sua richiesta, che «non può essere demandata solo agli enti privati».


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