Conflitto, la Consulta deciderà entro l’anno
ROMA — «Chi veramente ama e vuol rispettare e far rispettare i valori della legalità e della giustizia ha il dovere di attendere, con serenità e senza strumentalizzazioni, la decisione della Corte costituzionale» ha scritto il ministro della Giustizia, Paola Severino, in una nota in cui ha espresso la sua «più piena solidarietà al capo dello Stato che subisce oggi l’ennesima campagna di insinuazioni e sospetti solo perché si è fatto carico, nell’esclusivo interesse dell’istituzione e nel pieno rispetto della correttezza procedurale», di chiedere l’intervento della Corte costituzionale. Il fatto che il capo dello Stato abbia chiesto chiarezza «su un tema interpretativo così delicato», secondo la Severino, non significa affatto che il Quirinale voglia «nascondere» il contenuto delle intercettazioni indirette cui è stato sottoposto. La sentenza della Consulta non si farà attendere. Il Presidente, Alfonso Quaranta, vista la delicatezza del caso, e in virtù dei poteri che gli sono conferiti dalle «Disposizioni interne», ha già comunicato ai giudici che intende «ridurre» al minimo i termini temporali (necessari ad esempio per le notifiche) in modo che il collegio possa esprimersi sul conflitto sollevato dal Quirinale nei confronti della Procura di Palermo entro dicembre. Questo anche perché lo stesso Quaranta con il nuovo anno non potrà più firmare la sentenza (il suo mandato di giudice scade il 27 gennaio). Inoltre, Quaranta ha già nominato non uno (come normalmente avviene) ma due relatori sul caso (il 19 settembre ci sarà il primo step, cioè il giudizio di ammissibilità che appare scontato). Si tratta di giudici di estrazione profondamente diversa tra loro, ma entrambi eletti dal Parlamento: Gaetano Silvestri, docente universitario, indicato al momento del voto dal centrosinistra e Giuseppe Frigo, avvocato, indicato al momento dell’elezione dal centrodestra. Naturalmente il caso, che riguarda la violazione del diritto di riservatezza del presidente, ripropone il tema della modifica della legge sulle intercettazioni (che deve essere approvata dalla Camera). Il segretario del Pdl Angelino Alfano: «Noi siamo da sempre contro l’abuso delle intercettazioni, serve una nuova legge». E Maurizio Gasparri, capogruppo al Senato, sottolinea che «Solo adesso molti si rendono conto che il problema esiste, ma la nostra paura è che sull’onda di quest’emozione si faccia un pannicello caldo, una legge pur che sia, che riguardi gli aspetti regolatori e autorizzativi delle intercettazioni, ma non quelli della divulgazione sui giornali». «Noi — insomma — siamo disposti a un accordo sulle intercettazioni, purché non sia privo di contenuto». M.Antonietta Calabrò
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Che il Pd nella fase della sua dissoluzione sarebbe finito, insieme al suo “facilitatore” Napolitano, in bocca a Berlusconi, fino a subirne le imposizioni più oscene, era prevedibile fin da quando aveva scelto Monti invece di una verifica elettorale che lo vedeva, allora sì, sicuramente vincente. Gli ultimi due anni hanno così messo in luce che il Pd non è un partito di governo. Perché non è, e da tempo, in grado di assumersi la responsabilità di governare, se non in compagnia di forze che possano essere presentate come «imposte dalle circostanze».
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