by Editore | 2 Agosto 2012 8:18
ROMA — «Bene, così tu organizzi il campo dei progressisti e noi quello dei moderati»: al telefono con Bersani, dopo l’incontro che il segretario del Pd ha avuto con Nichi Vendola, Pier Ferdinando Casini si informa del colloquio tra i due e fa le sue valutazioni.
Ancora non si sa con quale sistema si andrà a votare, ma nei cantieri del Partito democratico e dell’Udc i lavori sono in corso. I due leader si sentono ormai regolarmente, quasi ogni giorno, e hanno stabilito tra di loro un’intesa di massima (riforma permettendo): nessuna alleanza per le elezioni ma la promessa di una proficua collaborazione nella prossima legislatura.
Per questa ragione, Bersani sta andando avanti nella costruzione delle alleanze a sinistra. E quello con Vendola è stato un appuntamento importante in questo senso. Certo, il lavoro è ancora all’inizio, ma lo stesso leader della Sel fa sapere che il traguardo è quello «di una piattaforma programmatica comune». Ciò che invece Vendola non può dire già adesso è che l’obiettivo è ancora più ambizioso: la costituzione di gruppi parlamentari unitari nella prossima legislatura.
Ma questi sono disegni che riguardano il futuro: è sull’oggi, invece, che Vendola e Bersani vogliono concentrare la loro attenzione in questa fase. Anche su questo terreno i due leader non sono poi così distanti. È vero che li divide il giudizio sul governo Monti, però il segretario del Partito democratico guarda già oltre questo esecutivo: «Il Pd ha fatto anche più del suo dovere». Adesso, insiste, deve tornare il «tempo della politica». E per accelerare questo processo Bersani è disposto ad accettare un accordo sulla legge elettorale con il Pdl, «purché non pensino di metterci un cappio intorno al collo».
Ma un problema dell’oggi — per entrambi i leader — è anche Antonio Di Pietro. «Si sta mettendo fuori lui», dice Bersani. E Vendola nel suo colloquio con il segretario del Pd non va oltre una difesa d’ufficio del leader dell’Italia dei valori: «Ha preso una deriva distruttiva». I due esaminano le ultime mosse dell’ex magistrato. E ragionano sull’eventualità che Di Pietro abbia deciso scientemente di rompere con il centrosinistra. È una mossa che viene vista con qualche sospetto. L’interrogativo è questo: sotto sotto, al di là delle dichiarazioni e smentite pubbliche, c’è forse qualche accordo tra Beppe Grillo e il leader dell’Italia dei Valori?
Idv e Movimento 5 stelle rappresentano un bel problema, perché intercettano molti voti di protesta e tolgono consensi sia al Partito democratico che a Sel. Soprattutto da quando Di Pietro si è gettato su terreni che prima non erano i suoi, ossia quelli delle politiche economiche e sociali. In questo modo l’Idv, grazie anche a Maurizio Zipponi (ex Rifondazione comunista dei tempi bertinottiani), ha stretto un rapporto con la Fiom e con una parte della Cgil. Ed è proprio il sindacato un altro possibile campo di battaglia tra Pd e Sel, da una parte, e Italia dei valori, dall’altra.
La Cgil, anche se i dissapori interni non trapelano in maniera vistosa, è divisa. C’è una parte di quella confederazione (e non si tratta solo della Fiom) che giudica Susanna Camusso troppo accomodante nei confronti del governo. È a questa fetta della Cgil che Idv si rivolge. Il che comporta ovviamente un problema per due partiti come il Pd e Sel.
Casini, invece, non sembra arrecare troppi grattacapi a Bersani e Vendola. Il primo va d’amore e d’accordo con il leader dell’Udc. Il secondo, fedele alla logica del «non pongo veti e non accetto nemmeno di subirli» non è contrario pregiudizialmente a una futura collaborazione con i centristi. A patto, naturalmente che il programma del centrosinistra non venga snaturato. Qualche problemino, invece, Vendola lo ha in casa (come dimostra la rivolta che si è scatenata sul web rispetto alle sue aperture a Casini) dove mezza Sel non vuole l’alleanza con il Partito democratico.
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