Capitali, mercato, lavori perduti

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Il turismo costiero vale per una breve stagione, invece i giovani – e le famiglie – hanno la brutta abitudine di mangiare tutto l’anno. Sul manifesto di ieri su tutto questo c’era un articolo, competente e sdegnato, di Loris Campetti («Un governo senza politica industriale»). Nel corso della giornata lavoratori dell’Alcoa hanno poi raggiunto Roma per sostenere un’eventuale trattativa. Seguiranno anche i pastori. L’immagine scelta da Campetti è che sia stato tolto il tappo alla Sardegna e l’isola intera rischi di affondare. Gira la voce di una trattativa aperta con Glencore, la multinazionale suprema dei metalli e delle derrate; quella che non solo compra e vende in tutti i paesi di mondo, ma punta spesso al monopolio e da qualche anno ha cominciato anche a produrre. Nel Sulcis, Glencore fa zinco e piombo con migliaia di addetti. Se appare come una soluzione semplice per il governo italiano è però un temibile concorrente, forse da evitare, per Alcoa. Sarebbe come se Riva vendesse l’Ilva di Taranto a Mittal, il magnate indiano che controlla l’acciaio mondiale, oppure se Fiat vendesse lo stabilimento di Pomigliano – tanto per fare un nome – a Volkswagen. Siccome spesso la realtà  supera la fantasia, quest’ultima favola potrebbe realizzarsi. Con un colpo di scena, la vendita dell’intera fabbrica, nuove linee e operai compresi, esclusi solo i 145 della Fiom, alla casa tedesca, è entrata nel novero delle scelte possibili in casa Fiat, da proposta indecente che era. Ricordavano opportunamente i giornali, per esempio l’Unità  di ieri, che Sergio Marchionne aveva da meno di una settimana accusato il gruppo di Wolsburg di «sanguinaria politica al ribasso» e che era perciò difficile immaginare un contatto amichevole tra la sua Fiat e «quelli». Ma i capitalisti si muovono in un territorio e si parlano con un linguaggio che sono inaccessibili alle persone comuni e a quelli che hanno il compito sociale di cercare le notizie; tutti tanto facili da turlupinare. Glencore e Volkswagen sembrano gli esiti favolosi di un governo senza idee, incapace di affrontare le multinazionali che agiscono in Italia, quelle indigene e le altre. Il mantra, sempre ripetuto, è quello di richiamarne altre e altre ancora, con il risultato di avere sul territorio nazionale sempre più imprese fuori controllo, mettendo però a disposizione la forza lavoro, dopo averla privata di diritti acquisiti; e assicurando a capitali stranieri e mercato di avere ormai salari, modelli di organizzazione del lavoro e flessibilità  del tutto concorrenziali con i paesi vicini e lontani.


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