Berlino teme per il dopo Monti “Si rischia governo anti-euro”
BERLINO — Monti è un interlocutore pienamente attendibile, finalmente un leader italiano che merita il massimo rispetto, ma con quale leadership italiana avremo a che fare domani? L’interrogativo, mormorato sottovoce in colloqui off the record, percorre la Berlino politica di Angela Merkel e fa tremare l’establishment. È un tema che inevitabilmente, come un inquietante convitato di pietra, giocherà il suo ruolo anche nell’imminente visita qui a Berlino del presidente del Consiglio, il 29 agosto. L’incertezza del domani politico a Roma, in contrasto con la fiducia in Monti, chiama in campo, negli scenari strategici tedeschi, il Fattore I, I come Italia.
Alcuni veterani dell’establishment cristiano-conservatore tedesco parlano accettando di essere citati, e dicono senza peli sulla lingua come secondo loro la vede il massimo livello del potere. «Se Berlusconi tornasse al governo, potrebbe essere la fine annunciata della partecipazione italiana all’unione monetaria», dice il professor Michael Stuermer, ex consigliere del cancelliere della riunificazione Helmut Kohl negli anni-chiave del dopo-Muro e del lancio dell’euro, e oggi editorialista di grido e intellettuale di punta del centrodestra. Altre fonti, chiedendo l’anonimato, aggiungono: «Non a caso gli attacchi più violenti all’unione monetaria, l’invito a pensare un’Italia non più agganciata all’euro e alla Germania, vengono spesso da media vicini alle ali più berlusconiane del centrodestra italiano. Come se non bastassero la pesantezza dei loro editoriali, l’abitudine da loro presa a dipingere la Germania come un “Quarto Reich” e a raffigurare la cancelliera con l’uniforme delle Waffen-SS».
La Germania avrà molte carenze quanto a leadership dell’Europa, ma la sua leadership ha una memoria da elefante quando si parla di linee politiche qui sgradite, nei paesi alleati e amici. Prospettive di una fine della fase di risanamento di Monti, ipotesi di elezioni anticipate, qui sono state registrate e accolte con allarme. Il problema, aggiungono alcune fonti berlinesi, si porrebbe anche per la Banca centrale europea e per la Commissione
europea: dovrebbero ottenere da qualsiasi governo italiano la certezza (ritenuta qui difficile in un dopo-Monti) della condizionalità , cioè della garanzia che acquisti di titoli sovrani o qualsiasi altra misura di soccorso europea ricevano la contropartita della continuità di ogni politica futura a Roma al corso di risanamento avviato ora.
In riserbo, senza segnali ufficiali, gli scenari d’ogni tipo sul Fattore I qui sono allo studio. Il giudizio di David Riley, esperto dell’agenzia di rating Fitch, secondo cui «in Italia i rischi politici sono maggiori di quelli economici», rende Berlino molto nervosa. «Gli anni di Berlusconi hanno portato in Italia una conflittualità certo non positiva», nota Thomas Schmid, direttore del quotidiano liberalconservatore e vicino al governo Die Welt.
L’allarme tedesco sui rischi politici del futuro italiano, nota Spiegel online, sembra condiviso da Parigi e da Bruxelles. Certo, aggiungono qui, ci sono voci europeiste forti anche nel Pdl. Ma si nota di più chi grida più forte in Italia: dagli euroscettici di centrodestra, alla Lega, al Movimento cinque stelle. Se fanno paura i toni euroscettici di Syriza o di Alba dorata in un paese piccolo come la Grecia, figurarsi quando vengono da un paese del G8, membro fondatore dell’unione.
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