Bce, un tetto ai tassi Btp per lo scudo anti-spread ma Roma rischia il diktat

by Editore | 20 Agosto 2012 8:20

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ROMA â€” La Banca centrale europea affila le armi per affrontare il nuovo autunno caldo dell’euro. I super-tecnici di Mario Draghi stanno preparando le misure non convenzionali per soccorrere le nazioni alle prese con spread irragionevoli. Dovranno essere pronte per la riunione del direttivo dell’Eurotower del 6 settembre. Ed iniziano ad emergere i primi particolari del loro lavoro. Come la probabile decisione di fissare un tetto limite agli spread per ogni Paese superato il quale partiranno gli acquisti dei titoli di Stato “Made in Bce” chiamati ad abbassare i tassi dei Paesi sotto attacco. D’altra parte settembre si avvicina e con esso i timori di nuove fiammate sui mercati. Anche se l’uscita dalla crisi per alcuni leader, come Monti, appare più vicina, gli ostacoli che ci separano dall’uscita dal tunnel restano imponenti. La Grecia è più che mai in bilico, la Spagna deve finalizzare il salvataggio delle sue banche e le aste di Btp e Bonos riprenderanno massicce. Al via anche i negoziati per una nuova governance dell’euro che potrebbero spaccare i leader mandando segnali negativi agli investitori.
Il tetto agli spread, rilanciato ieri dallo Spiegel, servirebbe proprio a tenere a bada i mercati, a stabilizzare i costi di rifinanziamento dei Paesi in difficoltà  assicurando allo stesso tempo che i tassi tra i titoli dei diversi governi non divergano troppo con vantaggi competitivi per i Paesi più solidi.
Il tetto oltre il quale scatterebbero gli acquisti della Bce non dovrebbe comunque essere reso pubblico in modo da non dare riferimenti agli speculatori. Inoltre, la Bce vorrebbe rendere più trasparenti i suoi acquisti di titoli di Stato, annunciando quotidianamente il loro anziché una volta alla settimana, come avviene adesso.
La notizia interessa Spagna e Italia. Se Madrid ha ormai aperto alla richiesta di scudo anti-spread, l’Italia cerca di farcela da sola. Ma non è detto che ci riuscirà  visto che non tutto dipende dalle misure messe in cantiere dal governo Monti. Nuovi contagi esterni potrebbero far saltare i piani di Palazzo Chigi. Ecco perché a Roma ci si tiene pronti, con i tecnici del governo che stanno studiando il funzionamento dello scudo.
Anche se non si tratta di un “aiuto”, ovvero di un salvataggio dal default in stile Grecia, ma di interventi Ue sui mercati per abbattere gli spread, le ambiguità  delle regole che li faranno scattare non mettono nessuno al riparo da condizioni capestro come quelle imposte ad Atene. Il meccanismo funzionerà 
così: un Paese alle prese con tassi insostenibili chiede l’intervento del fondo salva-Stati nella funzione anti-spread, come concordato nel Consiglio europeo di fine giugno. Oggi è l’Efsf, il fondo provvisorio con risorse limitate (intorno ai 150 miliardi). Se il 12 settembre la Corte costituzionale tedesca non si metterà  di traverso, sarà  sostituito dall’Esm, il fondo permanente che porterà  in dotazione altri 500 miliardi. Una volta avanzata la richiesta al presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker, Commissione Ue e Bce nell’arco di 48 ore stabiliranno se l’intervento dello scudo è giustificato. Quindi verrà  firmato un
Memorandum of understanding tra istituzioni Ue e governo con le condizioni da rispettare per ottenere il sostegno. Una volta attivato l’Efsf-Esm entrerà  in azione la Bce, con la sua potenza di fuoco illimitata. Che agirà  comprando titoli a breve scadenza sul mercato secondario. L’Efsf-Esm potrà  invece operare tanto sul primario, cioè direttamente alle aste, quanto sul secondario. Ma la fase delicata verrà  prima: sarà  il negoziato sul Memorandum, ovvero sulle condizioni per accedere all’aiuto in modo da evitare quanto successo lo scorso anno quando, dopo l’intervento della Bce, il governo Berlusconi è rimasto inerte rendendo inutili gli acquisti di Francoforte (circa 120 miliardi). Un passaggio ad alto rischio (da qui la cautela di Rajoy e Monti) perché può avvenire a costo zero, ovvero senza diktat su nuove manovre e tagli spietati, o con condizioni durissime. Per capirlo basta leggere le linee guida del-l’Efsf Esm.
Sul mercato primario il fondo salva-Stati può operare con tre diversi programmi di intervento. Il primo è low cost, non richiede nuovi impegni per accedervi. È quello scudo anti-spread senza condizioni ottenuto da Monti, Rajoy e Hollande a giugno. Si chiama Precautionary conditioned credit line(Pccl) e può essere usato da un Paese che rispetti una serie di condizioni di “virtuosità ”: deficit sotto controllo, debito gestibile, settore bancario sano e rispetto delle raccomandazioni Ue sulla politica economica. Criteri che Roma è in grado di soddisfare ma che si prestano a letture politiche con la possibilità  che qualche governo dica che l’Italia non ha le carte in regola (oltretutto i rigoristi possono “ricattare” chi è in difficoltà  dicendo che i loro parlamenti non accetterebbero interventi senza solide garanzie). E sarebbe un peccato, visto che per ottenere il Pccl basterà  firmare un Memorandum nel quale il governo garantisce che continuerà  a rispettare questi parametri. Promessa che sarà  sottoposta a un blando monitoraggio di Bruxelles. I problemi arriverebbero, invece, nel caso di accesso agli altri due programmi, disegnati per chi non soddisfa tutti i criteri di virtuosità . Si chiamano Eccl e l’ancor più duro Eccl+. In questo caso per accedere allo scudo il Paese «deve adottare misure correttive ». Austerity aggiuntiva monitorata da una «sorveglianza avanzata» della Commissione e della Bce che possono scorrazzare nei palazzi governativi per svolgere indagini sullo stato finanziario del Paese riferendo ogni tre mesi all’Eurogruppo. Che in caso di mancata ottemperanza agli impegni impone nuovi sacrifici o sospende il programma.
Non solo, nel caso in cui i soldi a disposizione dell’Esfs-Esm non bastassero verrebbe richiesto l’aiuto finanziario dell’Fmi. Che dunque formerebbe il temuto terzetto (con Ue e Bce) che sta dettando legge in Grecia.
Le cose non migliorano se si opta per un intervento sul mercato secondario. Qui le linea guida sono ancora più ambigue. «L’accesso al programma comporta un’adeguata politica di riforme». Certo, i criteri sono gli stessi per gli interventi sul primario, ma la semplice allusione a legare l’intervento del fondo «all’approvazione delle riforme specificate nel Memorandum» lascia spazio alle incursioni dei rigoristi. Chi dovrà  chiedere l’aiuto dello scudo, insomma, dovrà  combattere.

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