Auto mutuo aiuto: quando la disabilità  si affronta “in rete”

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ROMA – Un luogo per “parlare la stessa lingua”, “condividere la precarietà  a 360 gradi”, “ficcare il naso fuori dalle tenebre”, “motivare i ricercatori”, “passarsi informazioni”, “far sentire la nostra voce ai politici”: sono solo alcune delle definizioni dell’auto-mutuo aiuto, prese in prestito da chi questa esperienza la conosce bene e la pratica nella vita di ogni giorno. Luoghi fisici per chi può muoversi, virtuali per chi ha difficoltà  a uscire di casa: luoghi di incontro, in ogni caso, in cui la disabilità  vissuta in famiglia, spesso nella solitudine e nell’isolamento, diventa esperienza condivisa e, anche solo per questo, meno problematica. Nell’inchiesta pubblicata sul numero 4 di SuperAbile Magazine, si raccontano le tante sfaccettature dei gruppi di auto-mutuo aiuto tra le persone disabili e le loro famiglie: un’esperienza che esiste presso moltissime associazioni, nelle scuole, nelle Asl, negli enti pubblici e privati, esistono in rete, grazie ai blog e ai social network. 

Sono gruppi con identità  e finalità  variegate: c’è quello che ha come scopo principale la condivisione e lo scambio di esperienze, quello che pone al centro le battaglie politiche, quello che invece ha un’attenzione particolare verso la ricerca, quello che si propone di offrire attività  e opportunità  alle persone disabili e alle loro famiglie. Una molteplicità  e una varietà  di punti di vista, raccontata dalle voci di alcuni animatori di questi gruppi: dai genitori dei minori dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti all’associazione “Claudia Bottigelli”, dal gruppo Mamme H alle famiglie dell’Anffas e di Parent Project, dalle attività  di Tutti a scuola al nuovo regolamento dell’Inail, che proprio all’auto-mutuo aiuto sta dedicando una crescente attenzione. Un ‘esperienza preziosa, che però non manca di suscitare qualche perplessità . “In un mondo normale non dovremmo esistere”, afferma Toni Nocchetti, presidente di Tutti a scuola, un’associazione che comprende circa 600 famiglie di ragazzi disabili, a cui fornisce servizi e attività  in ambito scolastico e ricreativo. L’auto-mutuo aiuto, infatti, “esiste perché siamo in una realtà  capovolta. In una realtà  normale dovrebbe esistere il solo aiuto: è ‘auto’ perché le persone che non riescono a ricevere l’aiuto da chi dovrebbe fornirglielo sono costrette a organizzarsi. Io farei a meno di ‘Tutti a scuola’, se fosse garantito ai ragazzi quello che legittimamente chiedono. E mi spaventa l’idea che l’auto-mutuo aiuto diventi l’unica strada possibile, come spesso accade. Temo il passaggio per cui, se i genitori si organizzano, non c’è bisogno che intervengano le istituzioni. Odio la frase ‘Chi meglio dei genitori?’, perché la beatificazione di questa categoria è pericolosa. L’auto-mutuo aiuto, insomma, nasce per colmare un vuoto che però è incolmabile: un sassolino gettato nel ma re, non certo una diga che può arginare il vuoto dello stato sociale”.


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