Artisti russi del primo ‘900 alla scoperta dell’Ellade

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In una celebre tela dal titolo Terror Antiquus (1908) Léon Bakst trasfigura quanto provò una notte a Delfi durante un temporale. Ecco come l’artista interpreta le proprie sensazioni: «Ancora adesso come tremila anni fa, a ogni primavera Zeus scaglia il tuono fra gli stuoli di aquile intimorite dai fulmini e nell’Ade Persefone, pietrificata dal dolore, strabica e terribile, attende assisa sul suo profondo trono di basalto che dalla terra proibita e in fiore scendano a lei creduli, fragili figli del sole – gli uomini…». Nel quadro la terra e tutte le vestigia umane sono inghiottite dagli elementi, mentre nel cielo fiammeggia un fulmine scagliato da Zeus. In primo piano si erge un’enigmatica figura femminile, la kore, che, accennando un vuoto sorriso, pare non curarsi di quanto avviene alle sue spalle. 
Quest’opera è senz’ombra di dubbio il punto più alto raggiunto dal grande artista e celebrato scenografo e costumista dei Ballets Russes nell’ambito della sua riscoperta della cultura greca arcaica, liberata delle tante incrostazioni accademiche e neoclassiche che tanta parte avevano ancora nella tradizione artistica russa del tempo. La rivalutazione della ferina e pulsante vitalità  dell’arte greca più antica da parte di Bakst è legata a un viaggio intrapreso in Grecia l’anno precedente, il 1907, insieme a un altro celebre pittore del tempo, Valentin Serov. I due artisti si erano recati in Grecia imbarcandosi a Costantinopoli e avevano seguito un itinerario complesso, da Atene a Delfi, Argo, Micene, Corinto, Epidauro, Olimpia, Corfù, soggiornando lungamente a Creta proprio poco tempo dopo la riscoperta della civiltà  minoica da parte di Arthur Evans. Il viaggio dei due artisti fu segnato dalla frenetica indagine delle specificità  figurative dell’arte greca e dette luogo a una ricchissima messe di schizzi e disegni. Allo stesso tempo i due amici si immersero nella colorita e vivace vita della Grecia del tempo, segnata ora dal turbinio degli spostamenti dei tanti viaggiatori e turisti, ora dalla diffidente inedia del mondo levantino, ora accompagnata dall’aroma del denso e scuro vino ellenico, ora dal languore fumoso dei caffè. 
Di questa esperienza Bakst scrisse in un libriccino intitolato Serov i ja v Grecii («In Grecia con Serov»), che uscì a Berlino nel ’23 e di cui Igor’ Stravinskij caldeggiò invano la traduzione in inglese. Ripubblicato in Russia in epoca sovietica solo all’interno di un’antologia di scritti memorialistici su Serov, questo testo viene ora proposto in traduzione italiana curato da Valentina Parisi per la collana «Letteratura di Viaggio» della casa editrice milanese Excelsior 1881(pp. 295, euro 14,50). Un’elegante e informatissima prefazione traccia nei dettagli il ritratto di Léon Bakst artista e uomo, ne ricostruisce i legami con il mondo dell’arte russo, con gli ambienti della rivista «Mir iskusstva» («Il mondo dell’arte») insieme a Nikolaj Benua e Sergej Djagilev, con il teatro drammatico (ad esempio per la messa in scena dell’Ippolito di Euripide nella traduzione di Dmitrij Merezhkovskij), il balletto (l’assidua collaborazione con Djagilev, le scenografie per Ida Rubinstejn, Tamara Karsavina e per la Anna Pavlova, i grandi successi dall’Uccello di fuoco a Sheherazade, Dafni e Cloe, Il Martirio di San Sebastiano, l’Après-midi d’un faune, fino alla Fedra dannunziana) e la coeva letteratura del «Secolo d’Argento» (Bakst ci ha lasciato tanti celebri ritratti di letterati del tempo). Se ne ottiene un ritratto a tutto tondo dove la generale esperienza artistica di Bakst è misurata in primo luogo in relazione alla sua rivisitazione del mondo classico antico. Tra l’altro, molti degli schizzi realizzati dall’artista durante il viaggio e conservati presso il Museo Russo di Pietroburgo sono riprodotti nel volumetto, attribuendogli così i tratti di una vera e propria novità  e unicità  documentaria. Naturalmente la curatrice si occupa anche dell’altro artista, Valentin Serov, che morirà  pochi anni dopo, nel 1911, e ricostruisce i dati salienti della sua esperienza artistica e il suo rapporto con Bakst, la loro sinergia creativa. 
Ma il denso testo memorialistico di Bakst è innanzitutto una testimonianza di vita, nella quale i rapporti umani, la quotidianità  e nel contempo la scoperta di un mondo esotico e prima solo vaneggiato, sono presentati grazie a una scrittura precisa, essenziale, proprio alla maniera di uno schizzo preparatorio per un quadro. Si passa dal caso del figlio adolescente di un colonnello ritrovato in un bordello, alle grida di un custode quando i due amici pittori salgono a Olimpia sul frontone del tempio di Zeus per toccare con mano le statue di Niobe e dei Niobidi, dalla sensuale danza dell’araba Patha-Patha al contrasto tra le vere donne greche di Delfi («guarda la prima: non si capisce se sia un’antilope, un’antica kore del museo dell’Acropoli») e i tanti levantini, albanesi, balcanici, arabi e siriani («quella fricassea di levantini dall’aria losca che si spacciano per discendenti di Fidia, Socrate, Eschilo»). 
Bakst si dimostra letterato fine e elegante, capace di laconica completezza descrittiva, attento al dettaglio psicologico e comportamentale, non estraneo alla nota di colore appena accennata, con lievità  e rigore. Da qui le tante descrizioni dei luoghi e dei tipi che hanno sempre come rimando sottinteso quel mondo dell’Ellade omerica che nel suo scultoreo risalto sovrasta il quotidiano e vacuo cicaleccio della vita pulsante d’oggi giorno, quasi a monito in quella estenuante attesa del cataclisma che caratterizza tutta l’esperienza artistica dell’arte europea a cavaliere tra i due secoli. La bella traduzione di Valentina Parisi, l’apparato critico, direi l’amorosa cura, che accompagna il testo con note e precisazioni (fondate anche sulla corrispondenza dei due pittori con le rispettive mogli da dove risalta la diversa ricezione di luoghi e persone da parte dei due artisti) fa di questo libretto un invito a ripercorrere nella Grecia di oggi l’itinerario dei due pittori russi inseguendo l’illusione di riafferrare le loro intuizioni creative.


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