Arriva la spending review 2 in cassa attesi altri 10 miliardi

by Editore | 6 Agosto 2012 9:56

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ROMA â€” Teniamo, non chiediamo aiuto, la spending review è stata fatta e approvata e ad ottobre replicheremo con altri 10 miliardi: la recessione che investirà  anche il 2013 — annunciata dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco in una intervista a “Repubblica” — non fa perdere la determinazione al governo. Ad agosto non c’è un particolare stato di allerta, anche se la prova dei mercati di oggi si attende con trepidazione: la partita dei conti pubblici si giocherà  in autunno.
Sono questi i ragionamenti che si fanno negli ambienti del ministero del Tesoro dopo l’annuncio di tempi ancora magri per l’economia italiana che nel
2013 avrà  segno negativo: -0,3 per cento per Bankitalia e Fmi (secondo le ultime stime di luglio). Correggere le stime di crescita? Probabilmente in fase di «nota aggiuntiva» al Def in autunno e con la legge di Stabilità  (già  Finanziaria). Ora tutto resta così com’è. Salvo che per quest’anno — come spiega il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo — la contrazione del Pil dell’1,2 per cento prevista in aprile dal governo è data per persa: probabilmente ci si avvicinerà  all’1,4-1,9 per
cento (stimati rispettivamente da Commissione Ue e Fmi). «Basta con i governi tecnici e il rigore, serve un’alternativa che parta dal lavoro», ha detto ieri il segretario della Cgil Susanna Camusso.
Ma quello che conta è la reazione sui conti pubblici. Anche in questo caso il fortino blindato di Monti dovrebbe reggere. Già  il premier ha detto che il deficit- Pil di quest’anno arriverà  al 2 per cento (la metà  della media europea e più dell’1,7 sul quale contava il Def). E il prossimo?
Il prossimo anno sarà  quello del pareggio di bilancio, ma il trattato sul «Fiscal compact» parla di pareggio al netto del ciclo, ovvero corretto dagli effetti della recessione. Una novità  importante: la stessa Commissione in aprile ci dà  un microavanzo strutturale, quindi più del pareggio, dello 0,1 per cento. Si nota, all’interno del governo, che la Germania ha ancora un deficit strutturale dello 0,3 per cento e la Francia addirittura del 2,9 per cento. La Spagna ha un deficit che, nonostante la
correzione per il ciclo, arriva al 4,8 per cento: e dunque è stata costretta a chiedere il rinvio di un anno al 2014 degli obiettivi di risanamento. L’Italia al contrario non ha chiesto il rinvio e, al massimo, potrà  chiedere «azioni di accompagnamento », come le ha chiamate Mario Monti, per far calare gli spread, ovvero gli interventi di acquisto di titoli a breve sul mercato secondario per traghettare il debito, evitando tassi alti, su scadenze più corte. Del resto il 66 per cento del piano funding del
2012 del Tesoro è già  stato portato a termine.
Il sempre possibile ritorno dello spread oltre quota 500 riaprirebbe infatti la questione della spesa per interessi, cioè le munizioni che il Tesoro accantona per pagare gli oneri sul debito pubblico. Attualmente, con il Def di aprile, sono state ridotte a 84 miliardi (dopo che con il Salva-Italia e in piena crisi erano state prudenzialmente portate a quota 94 miliardi). Questa cifra è compatibile con l’andamento di tassi d’interesse
sui Btp al 6,2 per cento e quello medio dei Bot al 2,8 per cento: una situazione che si è mantenuta in questi termini per la prima metà  dell’anno. I Bot trimestrali e a sei mesi avrebbero maggiori effetti sulla spesa per interessi perché hanno una scadenza «corta» e possono influenzare la seconda metà  dell’anno: gli annuali nell’asta del 12 luglio erano al 2,6 per cento, e a fine luglio i Bot a tre mesi sul secondario hanno toccato l’1,25 per cento.

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