by Editore | 1 Agosto 2012 12:48
Non era bastato il caos provocato in India nel primo giorno di blackout. Ieri i numeri si sono raddoppiati, 19 su 29 Stati sconvolti, metà del Continente, 600 milioni di cittadini senza elettricità , bloccati mentre si trovavano in viaggio o sul lavoro, metropolitane ferme, traffico cittadino impazzito coi semafori spenti, duecento minatori intrappolati a nord di Calcutta senza ascensori elettrici, salvati con i generatori. All’una del pomeriggio è cominciato per l’India uno dei giorni peggiori nella storia di questa era di liberalizzazione dell’economia assetata di energia. La prima a collassare è stata la rete del Nord subito al di sotto dell’Himalaya, seguita a ruota dalle griglie orientale e nord orientale. Ma ufficialmente non c’è ancora una risposta tecnica unanimemente accettata per il coma del più grande sistema di distribuzione elettrica del mondo, interconnesso da snodi e centrali letteralmente andate in tilt da sovraccarico. Qualcuno, come il ministro dell’Elettricità , ha sostenuto
che la colpa è di «quegli Stati che hanno attinto corrente oltre il loro limite consentito». Altri esperti se la sono presa anche con la portata ridotta delle piogge monsoniche, che non hanno ricaricato le centrali delle dighe idroelettriche. Senza contare il maggiore consumo dei condizionatori delle grandi aziende e dei condomini per via del caldo, mentre nelle centrali a carbone è perfino mancata la materia prima.
Il ministro Sushil Kumar Shinde
ha fatto sapere che gli Stati responsabili “saranno puniti”, ma l’elenco dei governi locali “ladri” di corrente si apre con giganti come l’Uttar Pradesh, il più popoloso con oltre 200 milioni di abitanti pari all’intera popolazione dell’Indonesia. Poi c’è l’Haryana, dove si trova la città satellite delle grandi multinazionali di Delhi, Gurgaon, il magico e desertico Rajasthan in via di sviluppo, il Punjab agricolo e commerciale ai confini col Pakistan.
L’avidità nei consumi per soddisfare le esigenze delle rispettive economie ha creato un effetto domino che si è ripercosso fino agli stati del centro e dell’est, come in Bengala occidentale, dove la premier Mamata Banerjee aveva lanciato nel primo pomeriggio l’allarme per i 200 minatori intrappolati sotto terra nelle cave governative di Sodepur e Kunustoria, nel distretto di Asansol, fortunatamente riemersi in superficie nel tardo pomeriggio sani e salvi.
Il clou della paralisi è durato oltre 6 ore, con enormi ripercussioni nel traffico ferroviario che trasporta decine di milioni di passeggeri da Nord a Sud, con fermate forzate nelle campagne sotto il sole cocente o sotto le piogge monsoniche. Gravi le conseguenze nel Tamil Nadu e nella sua metropoli di Chennai, oltre a intere regioni del turbolento Kashmir, del Bihar, dell’Orissa, del poverissimo Jharkhand, dei montagnosi Himachal Pradesh e Uttarakhand, e
del Bengala dove è stato proclamato un giorno di vacanza forzata.
La gara a “succhiare” più energia possibile dalla Rete nazionale non è un fenomeno nuovo, anche se finora la gigantesca griglia aveva retto ai vari stadi della crescita economica indiana, tranne un analogo ma più ridotto incidente nel 2001. Evidentemente le esigenze ora sono smisuratamente cresciute «in assenza di infrastrutture adeguate per distribuire
equamente e regolarmente l’energia », come hanno fatto notare i rappresentanti delle Camere di Commercio e dell’Industria. Il segretario generale dell’Associazione, D.S. Rawat, ha detto che «l’intera situazione energetica sta andando verso il disastro», e che ha già «completamente sconvolto la vita normale con un impatto devastante sulle attività economiche ».
La capitale Delhi ha visto ridotta la produzione di elettricità da 4000 Megawatt di media ad appena 40, costringendo aziende, fabbriche, ospedali e grandi caseggiati a usare i generatori a petrolio,
anche questo difficile da reperire. E’ quasi un salto all’indietro nel tempo. I più ottimisti sperano di tornare alla normalità nel giro di pochi giorni, con risparmi drastici e turni di utilizzo più rigidi, mentre rinfocolano le polemiche sui fiaschi del nucleare e il drammatico vuoto di strutture e controlli, specialmente sulle vendite illegali di energia pubblica alle grandi compagnie private che stanno globalizzando l’India.
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