ADDIO A INSOLERA URBANISTA MILITANTE

by Editore | 28 Agosto 2012 12:40

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Italo Insolera è morto ieri. Architetto, urbanista, storico, aveva ottantatré anni e appena un anno fa aveva dato alle stampe una nuova edizione del suo libro più importante, Roma moderna.
Molti malesseri lo tormentavano dolorosamente. Ma era contento, il velo di malinconia degli ultimi tempi svaniva mentre sfogliava quel volume che Einaudi aveva rilegato con una copertina grigia e tre foto aeree della città . Il libro l’aveva scritto nel 1962, più volte ristampato e infine aggiornato alle ultime vicende della capitale, con l’aggiunta di un capitolo iniziale sulla Roma napoleonica (in questa fatica era stato aiutato da Paolo Berdini). In chiusura aveva inserito un “glossario dell’urbanistica romana”. Quasi che il modo di crescere della città  in due secoli avesse qualcosa di singolare e di esemplare al tempo stesso, fino a esprimersi in una lingua propria, poi diventata universale. Abusivismo, borgata, condono, palazzina, palazzinari, Società  generale immobiliare…
Era nato a Torino nel 1929 e si era laureato a Roma nel 1953. Ha insegnato (a Venezia e a Ginevra). Ha realizzato piani territoriali (in Abruzzo, Sardegna, Puglia, Toscana, Emilia Romagna) e piani regolatori di città  (a Livorno, a Lucca), si è occupato del centro storico di Palermo (con Leonardo Benevolo e Pierluigi Cervellati, sindaco Leoluca Orlando), di quartieri Ina-Casa (da Napoli a Siracusa) e di parchi (l’Appia Antica). Ha scritto tanti libri, in gran parte dedicati a Roma, agli sventramenti fascisti, all’Eur, all’Appia Antica, ai Fori imperiali. In un volume, scritto con Water Tocci e Domitilla Morandi, Avanti c’è posto (Donzelli), ha illustrato un piano di mobilità  romana fondata sul ritorno del tram e in particolare su una linea che sarebbe dovuta correre sul Lungotevere ai bordi del centro storico, trasformato in un fantastico boulevard. Nessuna amministrazione comunale è stata però all’altezza delle sue idee.
Sui Fori imperiali è ritratto in una foto del 1981 (conservata nell’Archivio Cederna). Al collo ha una macchina fotografica e lo sguardo accigliato rivaleggia con quello, che si intravede, di Cederna. Eppure è passato appena qualche mese dalla distruzione, voluta dal sindaco Luigi Petroselli, di via della Consolazione, la strada che taglia i Fori sotto al Campidoglio. Il primo atto di un grande progetto che ha una valenza storico-culturale e urbanistica, l’eliminazione della via dei Fori imperiali e la riunificazione di tutta l’area archeologica. In quel progetto Insolera crede moltissimo (con Cederna, Benevolo, La Regina e altri). Ma non se ne farà  nulla, nessuno dichiarerà  decaduta l’idea, e silenziosamente anche questa, troppo alta per chi governava Roma, scomparirà  dalla scena della città .
In esergo a Roma moderna aveva voluto una frase di Giulio Carlo Argan, sindaco di Roma fra il ‘76 e il ‘79: «La storia urbanistica di Roma è tutta e soltanto la storia della rendita fondiaria, dei suoi eccessi speculativi, delle sue convenienze e complicità  colpevoli». Espressione lapidaria, che nel libro trovava una distesa articolazione, niente affatto costretta dentro un abito declamatorio e invece sostenuta da una documentazione impressionante. Storia urbanistica, ma tout court della città , dai decreti napoleonici che prefiguravano un parco archeologico fra Fori, Palatino e Colosseo, fino al “piano casa” e all’incubo proposto da Alemanno, e fortunatamente svanito, di trasformare l’Eur in una pista per la Formula 1. E fino al sogno che Roma possa diventare veramente moderna puntando sul suo essere multietnica.
«E l’urbanistica?», si domandava. L’urbanistica «è ormai figlia dell’architettura», rispondeva. «E l’architettura, ridotta a pura forma, assorbe tutto il dibattito culturale. Si bada al singolo progetto e non al disegno complessivo, al singolo manufatto e non alla città , all’individuo e non al collettivo». Occorre, aggiungeva, che l’urbanistica recuperi la linfa sociale smarrita, sovrastata com’è da un’attitudine analitica e descrittiva che oscura il resto, limitandosi a raccontare ciò che accade nelle città  e fuori di esse e ritenendo inevitabili, irreversibili, al massimo mitigabili, la dispersione abitativa e il consumo del suolo. E invece lui insisteva su un’altra dimensione dell’urbanistica, a tratti militante, che attraverso la pianificazione può consentire alle persone un vero diritto alla città  e una vita meno in affanno.

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