Yemen, mistero su un carabiniere rapito

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ROMA — Nello Yemen senza legge e senza sicurezza un carabiniere italiano addetto alla sicurezza dell’ambasciata da ieri si è aggiunto alla lista degli stranieri rapiti da gruppi politici o — molto più spesso — da banditi o da uomini delle tribù. Il carabiniere semplice Alessandro M. era appena uscito da un negozio a 200 metri dall’ambasciata, in Hadda Street, nel quartiere internazionale di Sana’a: tre o quattro uomini armati sono scesi al volo da un’auto, lo hanno bloccato e portato via. Non ci sono molti altri dettagli sul rapimento, e sia al ministero degli Esteri che al comando generale dei Carabinieri per il momento non hanno notizie sicure sul “carattere” del rapimento; non sanno se si tratti di una delle decine di rapimenti messi in piedi da mesi nel paese per estorcere un po’ di denaro velocemente oppure se dietro i rapitori si nasconda un gruppo armato in collegamento con terroristi integralisti, o magari con nuclei vicini ad Al Qaeda, che nello Yemen è molto attiva.
Ieri la notizia del rapimento è arrivata a Roma in tarda mattinata: per alcune ore il ministero degli Esteri ha provato ad evitare di diffondere particolari, soprattutto
per non confermare che l’uomo è un militare dei Carabinieri, offrendo informazioni sensibili al gruppo di rapitori. Il carabiniere Alessandro è nello Yemen con accredito diplomatico, ma il suo ruolo di agente di sicurezza e di membro dell’Arma è noto alla autorità  dello Yemen ed è riportato sui documenti personali che sicuramente portava con sé al momento del rapimento. Per cui, con o senza conferma alle agenzie di stampa, a questo punto i sequestratori conoscono perfettamente il ruolo e soprattutto il “valore” del carabiniere Alessandro.
Dice una fonte della Presidenza del Consiglio: «I nostri uomini si stavano appena riprendendo dallo stress provocato dalle operazioni per la liberazione dei due connazionali sequestrati in Siria quando ci è arrivata quest’altra notizia da un paese caotico e insicuro come è diventato lo Yemen». Alla Farnesina il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha fatto riunire l’Unità  di crisi allargata a ufficiali degli stessi Carabinieri e dell’Aise, i servizi di sicurezza per l’estero. Nella riunione i funzionari hanno analizzato un evento che ieri è andato in scena quasi contemporaneamente al rapimento del carabiniere. «Un gruppo di alcune decine di uomini armati ha dato l’assalto a uno degli edifici del ministero degli Interni», ricordano alla Farnesina, «e per alcune ore hanno tenuto in ostaggio alcuni dipendenti del ministero: sembra fossero tribù che volevano protestare perché alcuni loro membri non sono stati assunti dal ministero come era stato promesso, ma questo spiega qual è la condizione della sicurezza anche nella capitale».
In effetti un gruppo di fedelissimi dell’ex presidente Alì Abdullah
Saleh è entrato nel ministero per chiedere il rispetto di qualcuna delle promesse che il nuovo presidente, Abd-Rabbu Mansour Hadi, aveva fatto al suo predecessore nel momento
in cui quest’ultimo era stato costretto ad abbandonare il potere. Qualcuno sospetta (o spera) che il rapimento dell’italiano possa essere collegato proprio a questo tipo di disputa, e che
quindi lavorando sulle due parti si possa ottenere il rilascio del carabiniere. L’opinione di altri alla Farnesina e all’Aise è che si tratti solo di un rapimento per ottenere un cospicuo riscatto.
L’alternativa peggiore, quella del sequestro nel segno di Al Qaeda, mette paura a tutti solo a pronunziarla.


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