Xenofobia, una tragedia greca

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«Consideravamo l’Europa come un esempio di democrazia e solidarietà  – racconta un ragazzo senegalese che ha richiesto asilo in Grecia – ma adesso che noi, noi che viviamo in mezzo a voi, veniamo uccisi per strada come animali… penso che sia un peccato per voi europei». Sono costretta a dargli ragione. Il ragazzo è stato aggredito per le strade di Atene da una banda di teppisti e sembra parlare per molti quando mi racconta la sua esperienza. Ormai la violenza xenofoba ha raggiunto proporzioni tragiche in Grecia e l’Europa ha la responsabilità  di agire. 
Ad Atene e in altre città  elleniche, i migranti e i richiedenti asilo sono tirati giù dagli autobus, perseguitati per strada, malmenati e accoltellati. La maggior parte degli attacchi avviene di notte, dentro o vicino le piazze cittadine. I teppisti agiscono in gruppi, spesso vestiti di nero con le facce oscurate da fazzoletti o caschi. A volte sono armati di mazze o bottiglie di vetro rotte che usano come armi. La maggior parte delle violenze è accompagnata da insulti ed esortazioni a lasciare la Grecia. 

E la polizia resta a guardare
La notte delle elezioni del 17 giugno un uomo pakistano è stato picchiato e accoltellato da una banda di giovani a una fermata della metropolitana di Atene. Quello stesso giorno, nel pomeriggio, ad Hania, nell’isola di Creta, due algerini sono stati attaccati da quattro uomini armati con sbarre di ferro, mazze di legno e coltelli. Mentre pochi giorni dopo un interprete somalo è stato inseguito per le strade di un quartiere di Atene e si è fratturato la mano dopo aver provato a proteggersi la testa dalle botte di chi lo stava perseguitando.
Tranne pochissimi arresti, la regola generale della polizia contro questo tipo di attacchi è non agire. Molte vittime sono apertamente scoraggiate dallo sporgere denuncia, con gli agenti dei commissariati che gli dicono che non vale la pena chiedere giustizia e che è meglio difendersi da soli oppure, nel caso di migranti irregolari, che rischiano di finire in galera loro stessi in attesa del processo. Quelli che insistono, devono pagare una tassa di 100 euro per depositare la querela. Forse per questo nessuno è mai stato condannato per un attacco razzista nonostante la legge antixenofobia sia stata approvata già  nel 2008. 
Ma com’è stato possibile che la culla della democrazia, un paese rinomato in tutto il mondo per la sua ospitalità  sia diventato così ostile verso i migranti e i richiedenti asilo? Geografia, politica e la crisi economica fanno tutti parte della risposta. Ma l’Unione europea condivide la responsabilità , e ha un peso in quello che sta avvenendo.

La prima porta di accesso
Nello scorso decennio, la Grecia è diventata la prima porta di accesso all’Unione europea per migranti senza documenti e richiedenti asilo da Asia e Africa. Circa 300 persone attraversano illecitamente ogni giorno il confine con la Turchia nella regione di Evros. Questo flusso migratorio, insieme alla direttiva «Dublino II» sull’immigrazione e la pressione europea su Atene perché controlli meglio i confini, hanno contribuito a creare quello che l’Alto commissariato Onu per i rifugiati ha descritto alla fine del 2010 come una «crisi umanitaria». Un numero imprecisato di migranti irregolari e richiedenti asilo vive in uno stato di profonda indigenza, occupando edifici abbandonati, piazze e parchi pubblici o dormendo nei boschi.
Negli ultimi anni i nazionalisti, incluso un partito di estrema destra come Alba dorata, hanno guadagnato forza e popolarità  in gran parte grazie allo sfruttamento dei sentimenti anti-immigrati e delle preoccupazioni tra gli elettori dell’aumento del crimine e del degrado urbano. Dopo aver vinto un seggio nel consiglio comunale di Atene nel 2010, Alba dorata si è assicurata abbastanza voti da entrare in parlamento per la prima volta alle ultime elezioni. 
La preoccupazione per l’ascesa di Alba dorata va oltre la loro spesso disgustosa retorica. Il partito è collegato con i cosiddetti gruppi di cittadini che in alcuni quartieri agiscono come «ronde spontanee», ritenute coinvolte negli attacchi agli stranieri. Anche membri del partito sono implicati in alcuni assalti.

Una direttiva che va cambiata
Nel mezzo di una crisi economica così acuta, la Grecia ha bisogno dell’aiuto dell’Unione europea. La direttiva di Dublino obbliga il primo paese Ue in cui il richiedente asilo mette piede a prendersi la responsabilità  di questa persona. In questo modo, colloca un peso ingiusto sulle spalle di paesi come la Grecia e deve essere riformata. 
Le istituzioni comunitarie e gli stati membri devono ricordare alla Grecia i suoi obblighi nel combattere la violenza, ma devono anche fornire l’assistenza tecnica e finanziaria necessarie. La polizia ha bisogno di addestramento, linee guida, risorse e la volontà  di agire nei «punti caldi» già  noti. Polizia e magistratura devono costruire un data base centralizzato che permetta una registrazione accurata dei crimini xenofobi. Mentre i giudici devono ricevere una formazione mirata contro questi casi. Soprattutto, tutti coloro che subiscono violenze devono essere ascoltati e seguiti.
Nonostante il pestaggio, il ragazzo senegalese di cui si parlava all’inizio rimane fiducioso: «L’Europa può risolvere questa situazione. Se una legge esiste, deve essere applicata. Del resto, se l’Europa sapesse (quello che sta succedendo, ndr), allora farebbe sicuramente qualcosa per impedirlo, o no?».

(traduzione di Matteo Bartocci)


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Sergio Finardi era un teorico di logistica militare e di commercio di armamenti, storico collaboratore del manifesto

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