Vietato sembrare incerti, ma lo sono
Domai si riunisce a Bruxelles l’Eurogruppo (i ministri finanziari e i capi di governo della zona euro a 17), e il giorno successivo l’Ecofin, con tutti e 27 i paesi dell’Unione. Monti parteciperà ad entrambe le scadenze prima di volare negli Stati uniti. Sul tavolo europeo ci sono dossier pesanti, che non potranno essere semplicemente aperti e richiusi. La pressione dei mercati, in questi giorni, è quasi violenta e l’impressione che i leader del Vecchio Continente non sappiano come procedere è l’ultima cosa che si può far loro capire. Sullo sfondo, c’è già il possibile attacco della speculazione contro il debito pubblico di Parigi. Il primo punto da «dettagliare» è l’aiuto alle banche spagnole. Madrid non vuole che gli aiuti passino attraverso le casse pubbliche, perché questo appesantirebbe il suo debito. Ma il fondo Efsf (e il prossimo Esm) non possono finanziare direttamente le banche prima che sia sta creata un’autorità continentale di supervisione. L’accordo dell’altra settimana sull’uso più «flessibile» di questo fondo deve ora essere articolato tenendo conto che la Germania (più Finlandia e Olanda) chiedono di inserire delle «condizionalità » molto precise, per non rischiare di buttare i propri soldi in calderoni improbabili. Del resto bisogna sapere che anche la Germania ha ormai un debito pubblico all’88% del Pil e quindi, secondo i parametri fissati nel fiscal compact, deve cominciare anch’essa a tagliare la spesa per riportarlo al 60% nell’arco di un ventennio. In più, il fondo Esm non può a sua volta decollare se prima il trattato che lo istituisce non viene ratificato almeno dal 90% dei sottoscrittori. E ancora non ci siamo. In più, bisognerà discutere e decidere di nuovi aiuti per la Grecia, che chiederà due anni in più per realizzare tutte le misure impostele dalla Ue. Anche in questo caso c’è un «no» tedesco da smussare il più possibile. Infine c’è il capito «nomine». La carica più importante dell’Eurogruppo sta per restare vacante, visto che JeanClaude Juncker scade il 16 di questo mese. I candidati ci sono, ma restano ancora «coperti». Juncker potrebbe quindi restare pro tempore, per qualche mese. Alla Bce deve lasciare il posto José Manuel Gonzales-Parammo, spagnolo, ma qui ci sono tre candidati ufficiali tra cui scegliere (lo spagnolo Antonio Sainz de Vicuna, il lussemburghese Yves Mersh e lo sloveno Mitja Gaspari. Mentre per la presidenza del futuro fondo Esm la Germania ha già imposto Klaus Regling, che guida il fondo Efsf. Basteranno quelle poche ore per sciogliere tutti questi nodi? Difficile. Quindi ci potremmo trovare a metà settimana con la situazione degli ultimi due giorni di borsa: crollo generale e sfiducia montante. Perché la crisi europea è solo fino ad un certo punto puramente economica: la credibilità della sua moneta unica è infatti minata da una governance inadeguata, da un sistema istituzionale zoppicante che non produce decisioni in tempi rapidi. Sul tavolo gli aiuti per salvare le banche spagnole, i due anni in più chiesti da Atene per «fare i compiti» e il rinnovo di alcune cariche pesanti. A cominciare dal presidente
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